Bus a lunga percorrenza: le conseguenze della liberalizzazione attorno a noi

Liberalizzazione: gli esempi da evitare

In Germania e Francia, i bus a lunga percorrenza sono ammessi sul territorio nazionale dal 2012, rispettivamente dal 2015. Abbiamo raccolto alcune indicazioni sulle conseguenze di questa apertura per la ferrovia e per il personale, dato che in Svizzera si parla con insistenza di permettere questa possibilità.

In Francia, un’ordinanza del 1945 attribuiva alla SNCF il monopolio dei trasporti terrestri a lunga percorrenza.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una decisa liberalizzazione del quadro legale, che ha dapprima permesso collegamenti internazionali da e per le città francesi e poi, dal 2009, soppresso il divieto di cabotaggio. Si è così creata la possibilità di recarsi in bus da una città all’altra, alla sola condizione che il viaggio fosse parte di un collegamento internazionale (per esempio da Parigi a Lione, con un bus diretto a Torino, oppure da Parigi a Perpignan con uno diretto a Barcellona). La prima barriera era così crollata.

Liberalizzazione quasi totale

Il secondo passo è stato d’autorizzare linee di bus sul territorio nazionale, nella misura in cui venissero coperte distanze superiori ai 100 chilometri. La «legge Macron», introdotta nell’agosto del 2015, va persino oltre, permettendo di offrire collegamenti su distanze anche inferiori. Le società devono chiedere un’autorizzazione che può però essere negata solo se le regioni riescono a dimostrare in modo inequivocabile che la nuova offerta di bus compromette un servizio pubblico esistente, come per esempio un collegamento di treni regionali.

Prezzi interessanti, ma a spese di chi?

Diverse grandi compagnie hanno quindi fatto investimenti sul mercato francese, creando numerosi collegamenti a prezzi molto attraenti. La quota di passeggeri risulta ancora marginale, rispetto a quella che usa la ferrovia, ma è in rapida crescita. Per favorire l’entrata sul mercato, le aziende non esitano a praticare prezzi stracciati, insostenibili a lungo termine. Come spiega Fabian Tosolini, sostituto del segretario generale della CFDT trasporti e ambiente: «si tratta di un modello economico molto delicato, in cui agiscono numerose piccole aziende su incarico di società più importanti. Gli introiti attuali non sono sufficienti a far fronte alle spese legate ai salari, al carburante e ai pedaggi. In futuro, le aziende potranno magari rifarsi, ma già oggi non vi sono più offerte da 1 euro per andare da Parigi a Bruxelles e la Megabus ha già messo la chiave sotto lo zerbino».

Anche la SNCF ha costituito una propria società di bus, la Ouibus, che oggi è la capolista di un settore che attira soprattutto giovani e seniori, meno sensibili alla durata dei tragitti e attirati da questi prezzi convenienti. Se non altro, queste offerte danno anche agli meno abbienti la possibilità di spostarsi.

Concorrenza falsata

La concorrenza tra queste aziende di bus e la SNCF è però falsata dai costi ridotti che le prime sono chiamate a coprire, derivanti dalla mancanza di spese per la manutenzione dell’infrastruttura e l’approvvigionamento d’energia.

Da questa liberalizzazione, le autorità si aspettavano la creazione di nuovi posti di lavoro ma, a ottobre 2016, i posti creati erano solo 1430, contro i 22000 annunciati. «I posti sono risultati nettamente inferiori alle previsioni e consistono per lo più in trasformazioni da posti a tempo parziale a tempo pieno», continua Fabian Tosolini.

Per quanto riguarda il personale, il 98% delle e dei dipendenti risulta essere residente in Francia, che appare quindi molto meno soggetta al problema del personale straniero che attraversa il paese, retribuito a condizioni diverse di quelle in uso. Il problema viene invece dall’abbassamento degli stipendi in atto. I primi autisti erano infatti stati ingaggiati alle condizioni previste dal contratto collettivo vigente per il settore del gran turismo, mentre i seguenti hanno dovuto accontentarsi di molto meno. «Dai 2000 euro mensili dei primi contratti, siamo passati ai circa 1500 euro attuali. Il nostro sindacato sta sostenendo questi colleghi retribuiti a condizioni inique. Un altro grosso problema viene dal fatto che spesso questi colleghi soggiacciono ai giudizi espressi dagli stessi viaggiatori, tramite un’app per i loro smartphone. Il loro salario e le loro condizioni di lavoro dipendono quindi dagli umori della clientela. Un passeggero insoddisfatto del tragitto percorso può quindi sanzionare l’autista. Per noi è inammissibile» spiega Tosolini.

I sindacati francesi puntano quindi in primo luogo ad ottenere remunerazioni corrette e a limitare la concorrenza intermodale tra strada e ferrovia. Laddove vi è una forte domanda, come per esempio tra Parigi e Lione, non vi sono grossi problemi, ma vi sono per contro importanti preoccupazioni laddove l’avvento dei bus potrebbe portare alla soppressione di linee ferroviarie. Come potrà spostarsi la popolazione delle regioni in cui le linee ferroviarie sono state dismesse e dalle quali le compagnie di bus decidono di ritirarsi per mancanza di profitti?

«Per il momento, non vi sono che io sappia linee di treno chiuse per la concorrenza, ma vi è una minaccia concreta per i treni notturni», conclude Fabian Tosolini.

Henriette Schaffter/gi

Il mercato germanico dei bus a lunga percorrenza è dominato da Flixbus e dal dumping salariale e sociale

In Germania, i bus a lunga percorrenza sono stati legalizzati nel 2013, tramite una sentenza del tribunale che ha di fatto eliminato il monopolio delle ferrovie. contatto.sev ha chiesto a Dieter Schäffer, di mobifair*, alcune impressioni sulle esperienze raccolte.

Vi sono già state linee ferroviarie soppresse a seguito dell’avvento di questi bus a lunga percorrenza?

Dieter Schäffer: Non sono al corrente di linee ferroviarie abbandonate per questo motivo. Vi sono però aziende del trasporto regionale, anche private come la Agilis, che si lamentano per la concorrenza praticata dal bus, che sottrae loro passeggeri. Il fatto che le fermate dei bus debbano distare tra loro almeno 70 chilometri risparmia tuttavia il traffico regionale da questi fenomeni.

Come hanno reagito le ferrovie a questa concorrenza?

La DB AG è l’unico attore importante nel traffico ferroviario a lunga percorrenza, in quanto le quote di mercato di altre ditte più o meno private, come la HKX, o delle aziende straniere è inferiore al 5%. La DB AG ha rinunciato in misura quasi completa ad aumenti tariffali, introducendo anzi offerte speciali e prezzi ridotti. Ma questa pressione sui prezzi viene ora utilizzata nelle trattative quale argomento per negare aumenti salariali ai dipendenti.

Ma la DB non è attiva anche sul mercato dei bus a lunga percorrenza?

Non più. Prima della liberalizzazione del mercato, non era possibile ottenere una concessione per una linea di bus, se il tragitto era coperto anche da una linea funzionante di treno (divieto di concorrenza). A quel tempo, la DB gestiva già alcune linee di bus, in prevalenza da e per Berlino, tramite una propria filiale. In seguito, ha esitato a lungo sull’opportunità di entrare sul mercato, decidendo infine, nel 2015, di provarci con il proprio marchio BLB (Berlin Linien Bus). Nell’ottobre 2016 ha però desistito quasi completamente, dopo essere incorsa in una perdita di 20 milioni di euro. Si limita ora a gestire singole linee con il marchio IC Bus, prevalentemente verso le nazioni confinanti, come per esempio da Norimberga a Praga.

È vero che questi bus possono utilizzare le autostrade gratuitamente?

Si, si è trattato di un provvedimento per tutelare questo «giovane mercato» da oneri troppo importanti. Ma adesso questa disposizione viene aspramente criticata e discussa ed è possibile che dal 2017 i bus non saranno più esonerati dalle tasse d’uso delle strade a lunga percorrenza. È una nostra decisa rivendicazione, sostenuta anche dalla SPD. Occorre considerare che la crescita di questi bus non va a caricare solo la rete autostradale, ma anche quelle urbane. Riuscire a conciliare le esigenze pianificatorie, di gestione del traffico e finanziarie di queste aziende di bus con quelle delle città e dei comuni è una sfida molto complessa. Solo poche città, come Berlino, Amburgo, Monaco, Norimberga dispongono di stazioni di bus in centro. Altre, come Francoforte, le stanno costruendo. Il loro finanziamento non è tuttavia regolato in modo unitario. Alcune sono state finanziate tramite imposte, altre attraverso tasse mirate.

I bus a lunga percorrenza possono veramente ricavare vantaggi dall’applicazione di condizioni di lavoro e salariali più favorevoli?

Certo, anzi siamo in presenza di veri e propri casi di dumping salariale e sociali, soprattutto poiché la Flixbus, che detiene una posizione di quasi monopolio, con una quota di mercato del 90 percento circa, in realtà è proprietaria di un solo autobus. Per il resto, incarica circa 250 ditte in subappalto in tutta Europa, con un totale di circa 1000 bus in circolazione. Ne consegue che i conducenti non sono dipendenti di Flixbus, ma di queste piccole e medie aziende, le cui condizioni salariali e di impiego sono molto diverse tra loro. Inoltre, evidentemente anche queste aziende vogliono conseguire un loro profitto, per cui la quota a disposizione per il personale diminuisce. In Germania vi sono infine presenti anche ditte di bus extra-europee che operano per conto di Flixbus. Ma anche DB e Eurolines fanno capo a ditte in sub appalto dell’Europa dell’est.

Ma queste ditte estere non devono rispettare almeno i salari minimi e le altre disposizioni vigenti in Germania?

Nella misura in cui sono attive in Germania e non si limitano ad attraversarla, queste ditte devono pagare almeno lo stipendio minimo, attualmente fissato a 8,50 euro l’ora. Vi sono poi condizioni di impiego minime e disposizioni per il tempo di guida che devono essere rispettate da tutte le aziende, anche quelle estere.

Cosa possono fare i sindacati per migliorare le condizioni d’impiego e di lavoro?

È un contesto difficile, in quanto i dipendenti sono piuttosto restii ad organizzarsi dal profilo sindacale. Il settore compete inoltre al sindacato Verdi, che è organizzato in modo decentralizzato. Ciò porta a contratti salariali diversi per i 16 Länder. Organizzare il settore degli autocarri e degli autobus esteri in transito è poi ancora più difficoltoso.

Fi

* mobifair è un’organizzazione che agisce in favore di corretta concorrenza tra i vari vettori di trasporto.

Commenti

  • Khadhraoui Mourad

    Khadhraoui Mourad 25/11/2016 11:03:20

    Guten Tag
    Ich glaube wir haben dass gleiche Problem, wir Taxi Fahrer von Zürich und in die ganze Schweiz sind unterdrückt worden von Uber bis es geht nicht mehr .
    Die GLP Zürich verteidigt Uber, und sagt, "was soll diese Hexenjagd gegen Uber "
    ( in ZH Stadt sind 1700 Taxi angemeldet davon ca. 1300 selbständigerwerbende plus ca. 1000 Uber die Tag und Nacht am Fahren sind, plus Regionale Taxi die dass ganze Jahr am wischen sind)
    Doris Leuthard mit ein Lächeln von Ohr zu Ohr sagte, ich bin auch im Ausland mit Über Gehahren , und Schneider Amman sagte ,Über ist die Zukunft er hat sich schon bei uns etabliert.
    Wir müssen momentan bis 4std warten für ein fährt in Zürich, der beste von uns und mit viel Glück erreicht ein Tages Umsatz von CHF 200
    Die Taxi Gewerbe die seit mehr als 50 Jahren geschützt "war" ist innert 3 Jahre total zerstört durch diese Liberalen system.
    Keinerlei Unterstützung von Politiker , wir sind verloren .
    Ich wünsche euch weil Kraft .

    Mourad Khadhraoui