colpi di diritto

Il nuotatore non era visibile

Un battello ha travolto un nuotatore e il suo capitano si è quindi ritrovato accusato di lesioni colpose.

È uno di quegli incidenti che ha dell’incredibile: un battello di linea in circolazione su di un lago svizzero ha travolto un nuotatore che ne ha inavvertitamente incrociato la rotta.

Il nuotatore, dal fisico ben allenato, è riuscito a salvarsi e a riguadagnare la riva, nonostante diverse fratture alle gambe. All’incidente hanno assistito numerosi testimoni, sul battello e a riva, che hanno dichiarato che era stato il nuotatore a dirigersi verso il battello, accorgendosi solo troppo tardi del suo sopraggiungere. Il nuotatore era convinto di essersi trovato a circa 25 metri dalla riva, ma in realtà era ad almeno 50 metri.

La Polizia ha quindi aperto un procedimento contro ignoti per lesioni colpose gravi e al centro dell’inchiesta si è trovato il capitano del battello, che al momento dell’incidente si trovava al timone. Questi ha quindi chiesto ed ottenuto l’assistenza giuridica del SEV, che gli ha messo a disposizione un avvocato.

Si parla di lesioni colpose quando il colpevole ha commesso atti che hanno causato l’incidente, oppure ha tralasciato provvedimenti che avrebbero permesso di evitarlo.

Nella fattispecie, si trattava in particolare di stabilire se il capitano avrebbe potuto vedere il nuotatore e, con provvedimenti adeguati, evitare di travolgerlo. Oltre all’audizione dei testimoni, è stata organizzata anche una ricostruzione dell’incidente, impiegando lo stesso battello, che ha permesso di accertare la presenza di diversi fattori che rendevano per lo meno difficoltoso l’avvistamento del nuotatore: il riflesso sul pelo dell’acqua, l’importante zona d’ombra nella visuale dal posto di comando, il fatto che il nuotatore indossasse una tuta in neoprene nera completa di cappuccio e che avesse attraversato un porticciolo, i cui battelli lo avevano nascosto alla vista del capitano.

Il verbale ha riportato che il nuotatore risultava a tratti invisibile e che la sua presenza era difficile da individuare nonostante tutti i partecipanti alla ricostruzione fossero a conoscenza della sua presenza e della sua ubicazione approssimativa. Gli inquirenti sono quindi giunti alla conclusione che il capitano non aveva nessuna possibilità di vedere il nuotatore: «Egli ha fatto del suo meglio per verificare la presenza di pericoli sulla superficie del lago».

L’Inchiesta ha anche confermato la correttezza delle manovre eseguite dal battello, che si trovava assolutamente sulla sua rotta e navigava ad una velocità corretta.

La sola conclusione possibile era pertanto che il capitano avesse compiuto correttamente e con la massima diligenza il suo dovere e fosse da considerare innocente.

Il procedimento a suo carico è quindi stato abbandonato e le spese poste a carico dello Stato.

Questa conclusione è stata condivisa anche dal servizio d’inchiesta sugli incidenti della Confederazione, che ha rinunciato a ulteriori raccomandazioni di sicurezza.

Fortunatamente, anche le lesioni riportate non si sono rivelate troppo gravi per l’allenato nuotatore, che solo un anno dopo è stato in grado di partecipare ad una gara di resistenza estremamente esigente.

Assistenza giuridica SEV