La memoria del web è infallibile: piccole preziose regole da non dimenticare

Facebook e altre reti sociali su internet: occhio a non lasciarvi andare con i commenti

Nelle reti sociali si legge di tutto; ma il comportamento degli/delle internauti/e è sotto l’occhio del Grande fratello. Guai insultare un vostro superiore o denigrare l’azienda. Potrebbe costarvi molto caro.

Il campo dei social network è sempre più seguito dalle aziende che vi vedono nuove opportunità per i loro prodotti e servizi. I trasporti pubblici non fanno eccezione. Dopo aver a lungo bloccato al proprio personale l’accesso a internet – tra cui Facebook – le FFS si sono lasciate inghiottire dai media sociali. È pertanto utile tornare su casi recenti che hanno dimostrato come internet abbia una memoria infallibile e come il comportamento degli internauti lo sia molto meno. Promemoria delle regole fondamentali di comportamento sul web.

Si può insultare il proprio superiore o denigrare la propria azienda su Facebook? In nessun caso, sottolineano all’unanimità avvocati, specialisti nelle nuove tecnologie e nel diritto del lavoro. Ciò può costituire una violazione dell’onore ai sensi del diritto penale e può dunque costituire un motivo di sanzione o addirittura di licenziamento. Tutto dipende dal tipo di affermazioni, del loro contesto e della loro diffusione. In caso di procedimento giudiziario, sarà oggetto di un apprezzamento giuridico.

Il dipendente è vincolato al suo datore di lavoro da un obbligo di diligenza e fedeltà. La libertà di opinione e di espressione è sì un diritto costituzionale, ma criticare i propri superiori su internet è un rischio. Anche nel settore pubblico le disposizioni di legge (LPers) prevedono l’obbligo del segreto professionale. Infine, gli articoli dal 35 al 37 del CCL delle FFS specificano le regole. Non denigrare l’azienda o la gerarchia su Facebook, prima di aver esaurito tutte le vie interne a cui segnalare i problemi.

Facebook, sfera privata e giurisprudenza in evoluzione

Un messaggio pubblicato su Facebook non è necessariamente visibile a tutti gli utenti. È dunque protetto dalla sfera privata? Questione molto delicata, perché i social network si situano al confine tra sfera pubblica e privata. Inoltre i social network conservano un traccia di tutti i messaggi inviati. Una frase o una foto copiata e incollata, può poi circolare ed essere vista da persone che non hanno necessariamente accesso al vostro profilo.

In Svizzera diversi casi recenti hanno dimostrato che i giudici sono sempre più chiamati a esprimersi su questo tema. A dipendenza dagli insulti pubblicati sui social network, le condanne finora pronunciate vanno da una pena da cinque a quindici giorni; sono state anche inflitte multe, senza contare le spese giudiziarie. È «solo» la punta dell’iceberg, perché spesso le procedure di conciliazione permettono di trovare un accordo prima del verdetto del tribunale.

Negli ultimi mesi, l’assistenza giuridica del SEV è stata interpellata per difendere colleghi puniti dal loro datore di lavoro in seguito a commenti pubblicati su Facebook. Il ventaglio delle sanzioni è ampio: dal semplice richiamo al licenziamento. L’argomento della rottura del rapporto di fiducia è spesso al centro della vertenza, pertanto risulta estremamente difficile far cambiare opinione al datore di lavoro che ha deciso una sanzione.

Per evitare di mettervi nei pasticci, ricordate queste regole: sui social network la cortesia è di rigore; l’uso di pseudonimi o di profili falsi non è raccomandato, perché la vostra reputazione ne soffrirà in caso di scoperta della verità.

Proteggete la vostra privacy: configurare il proprio profilo in modo restrittivo per i diritti di consultazione. Non cliccare su link qualsiasi, in particolare i video, perché ci potrebbero essere vettori di virus o di altri siti di phishing (furto dei dati).

II servizio di assistenza giuridica del SEV ..