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Rapporto sull’attività del comitato di sciopero

Pragmatismo e senso di responsabilità

Il comitato giù le mani dall’Officina ha iniziato a tirare le somme dell’attività sin qui svolta. Ha quindi chiuso i conti del sostegno della popolazione a fine 2008, sottoponendoli ad una verifica contabile, effettuata da una ditta di revisione e ad una verifica “morale” affidata, com’era stato annunciato durante lo sciopero, a tre personalità del cantone: l’avvocato e ex consigliere nazionale Pier Felice Barchi, l’economista e professore alla Supsi Christian Marazzi e l’ingegnere ed ex consigliere di Stato Pietro Martinelli.

Officine Bellinzona

A dar scarico all’assemblea del personale delle Officine tenutasi il 30 giugno è stato Pietro Martinelli, che a nome dei tre revisori si è incaricato di stendere il rapporto. In quattro pagine e tre capitoli, ha dapprima ripercorso tutta vicenda, approfondendo in seguito gli aspetti legati alla raccolta di fondi per giungere alle conclusioni da sottoporre all’assemblea. Ci sembra giusto e doveroso riportarne alcuni stralci, che documentano la partecipazione di tutto il cantone.

Una vicenda di portata storica

Il rapporto ha inserito tutta la vicenda nel suo contesto, ricordando l’importanza delle Officine per tutto il cantone: “già nel 1894 occupavano ben 425 persone. Nei loro capannoni in questi 126 anni vi hanno lavorato migliaia di ticinesi. La storia delle Officine è quindi intimamente legata alla storia di molte famiglie ticinesi, della città di Bellinzona, del Bellinzonese, del vicino Grigioni italiano e di tutto il Cantone”. Con ciò il rapporto fa capire come mai “La reazione ordinata e responsabile  delle maestranze, la loro richiesta di poter discutere il futuro delle Officine con la Direzione delle FFS, confrontando dati e prospettive, ma solo dopo che la stessa avesse ritirato la decisione del 6 marzo e la decisione di sciopero del 7 marzo sollevarono una ondata di emozione e una adesione unanime di autorità, partiti, istituzioni civili e religiose che non ha precedenti nella storia recente del Cantone.  (…) Da ricordare in particolare le manifestazioni a Berna del 19 marzo e a Bellinzona del 30 marzo e del 2 aprile con oltre 10.000 persone. La pittureria divenne un luogo di incontro e di solidarietà per molti ticinesi e il Ticino tutto si riscaldò al calore di una vicenda esemplare per i protagonisti che la animarono e per gli obiettivi e i modi con i quali fu portata avanti”.
In seguito il rapporto cita l’accordo del 5 aprile 2008, elaborato alla presenza del Consigliere federale Leuenberger, in cui si è posto fine allo sciopero in cambio dell’impegno preso a malincuore dalle FFS di ritirare il loro progetto di smantellamento delle Officine e del nuovo picco di tensione generatosi a fine novembre, con il prospettato passaggio alla divisione viaggiatori privo di qualsiasi garanzia sulle ordinazioni alle Officine.

Partecipazione fantastica

Il rapporto dà poi il quadro finanziario della lotta, che raffigura in modo estremamente significativo l’intensità con la quale la popolazione ha seguito la vicenda. In totale, sono state raccolta offerte per 1,38 milioni di franchi, da associazioni, enti e persone private, ai quali si sono aggiunti quasi 254'000 franchi raccolti in pittureria con la vendita di bibite, pasti e articoli vari. Il rapporto sottolinea giustamente come anche questo contributo sia stato possibile dalla partecipazione di volontari, spesso famigliari e amici dei dipendenti, messisi a disposizione per la gestione dei servizi della pittureria.
Il 69,4% di questi introiti, pari a oltre 1,1 milione, è stato utilizzato per integrare le prestazioni dei fondi di sciopero dei sindacati e compensare, nella misura di quasi l’80%, la perdita salariale riscontrata dai dipendenti. Circa il 15% è invece stato utilizzato per attività di relazioni pubbliche e informazione, compresi 105.000.- franchi per il treno gratuito per le persone che hanno partecipato alla manifestazione di Berna del 19 marzo 2008. Solo lo 0.6% (fr. 10.245,95) per costi amministrativi. Al 31.12.2008, vi era quindi un “utile di esercizio” di 250'388.02 franchi.

Le conclusioni del rapporto

I tre estensori del rapporto concludono con un capitolo suddiviso in sette punti che sintetizza la situazione attuale e che ci riproduciamo integralmente:

a. I fondi raccolti sono stati usati in modo mirato per raggiungere gli obiettivi per i quali sono stati versati dai diversi donatori.
b. L’utilizzazione dei fondi è stata caratterizzata da criteri di rigoroso rispetto del principio di economicità come dimostra la percentuale minima (0.6%) utilizzata per le spese amministrative.
c. La lotta è stata condotta abbinando progetto (la salvaguardia dei posti di lavoro, della competenza acquisita e della “memoria”) e pragmatismo con grande senso di responsabilità.
d. La presidenza della tavola rotonda assunta da Franz Steinegger ha contribuito in modo importante a far discutere le parti e a farle convergere verso un obiettivo comune. I rappresentanti del Comitato hanno espresso apprezzamento per il lavoro di Franz Steinegger.
e. A trarne vantaggio non sono stati solo i lavoratori delle Officine, ma tutta l’Azienda. Materialmente e come immagine. Anche se da una parte il fatto di essere una azienda pubblica ha forse facilitato la mediazione, dall’altra le modalità di lavoro e di confronto e i risultati raggiunti potrebbero essere di modello a padronato e maestranze anche nel settore privato nell’ambito di un auspicabile ritorno a criteri di responsabilità sociale delle imprese.
f. La competenza per l’utilizzazione dell’avanzo di esercizio (qualche modesta spesa nel 2009 è comunque già avvenuta e ne verrà dato conto alla fine dell’anno in corso) spetta evidentemente all’Assemblea dei lavoratori. Senza entrare nei dettagli riteniamo che la proposta del Comitato circa la destinazione dell’avanzo del fondo sia un'ulteriore dimostrazione di senso di responsabilità e di sensibilità democratica e meriti l’approvazione dell’Assemblea.
g. In conclusione gli estensori di questo rapporto guardano con ammirazione al senso di responsabilità mostrato dalle parti in questo episodio esemplare di storia cantonale. Una lezione inusuale alle nostre latitudini, di come le inevitabili difficoltà pubbliche e private, oggettivamente importanti nei periodi di grandi cambiamenti come quello attuale, possano essere affrontate con trasparenza, realismo, determinazione e coraggio, evitando le facili scappatoie del vittimismo e della demagogia. Una lezione che tutti i ticinesi, ma anche molti confederati, hanno mostrato di saper apprezzare.

Il futuro in un ente

Il rapporto indica infine una possibile destinazione dell’utile d’esercizio: in un incontro tra revisori e comitato, è infatti stata ventilata la possibilità di costituire un ente, la cui forma giuridica (per esempio una fondazione o un’associazione) deve ancora essere definita. Si riconosce infatti che il fondo sia un bene comune, che debba di conseguenza essere gestito in modo da dare a tutte le persone, le associazioni e le istituzioni pubbliche che ne condividono le finalità la possibilità di partecipare alla sua gestione.
La presentazione dei conti 2009 e la definizione dell’ente successore dovrebbero avvenire entro l’autunno.

Pietro Gianolli

Alcune domande a Renato Frizzo, artigiano e cuoco durante lo sciopero

Commozione ed entusiasmo

Contatto.sev. Che ricordi hai del periodo dello sciopero...

Ricordo certo l’inquietudine e il nervosismo, ma su tutto prevale l’entusiasmo per un’esperienza incredibile. Ho conosciuto numerosi colleghi, con i quali lavoravo anche da tempo, in modo completamente diverso, trascorrendo tantissime ore in officina, gomito a gomito, uniti nelle azioni e nello spirito. Vi è poi stato il sostegno della gente, incredibile e commuovente per ampiezza e intensità. Ricordo persone anziane che, pur di dare un contributo, si occupavano di rifornire la nostra dispensa. Oppure la figlia di un collega in pensione, che veniva nella sua pausa di mezzogiorno ad aiutarci a servire il pranzo. Raccontare tutti gli aneddoti richiederebbe un libro.

Tu avevi però un ruolo particolare…

Come tutti. Ognuno di noi si è impegnato in modo concreto. Le Officine funzionavano come un vero villaggio e avevano diverse necessità: la spesa, la manutenzione, la sorveglianza ecc. Io ho fatto parte del team di cucina, dato che avevo già esperienza nel cucinare per numerose persone in diverse società. Penso che questo sia stato un elemento determinante: riuscire ad amalgamarci in modo molto ben articolato, coinvolgendo anche i famigliari. Mia moglie, per esempio, ci ha aiutato al bar, praticamente ogni giorno. Ci ha permesso di contenere l’ansia, sentendoci parte di un gruppo forte. Sembrava non avessimo mai fatto altro … (ride).

E dopo lo sciopero?

L’euforia iniziale è naturalmente passata, ma l’andamento della tavola rotonda ha favorito un senso di sollievo generale. Nel mio reparto, alle valvole, siamo però confrontati con un forte calo di lavoro, che i superiori giudicano temporaneo. Le prospettive ci sono, ma il 2013 è dietro l’angolo. Resta quindi anche un’inquietudine di fondo. Ma forse però è un bene che sia così: per difendere il lavoro, non si può mai abbassare la guardia.

Quali conclusioni ti senti di tirare da questa vicenda?

Penso che stiamo dimostrando come le Officine abbiano sempre avuto e continuino ad avere la loro giustificazione e sono orgoglioso della capacità di tutti, dal comitato di sciopero a tutto il personale,  di reagire e di gestire una situazione di crisi.

Intervista:gi

BIO:

Renato Frizzo ha 49 anni. Ha svolto una formazione come metalcostruttore e, dopo alcune esperienze altrove, lavora da 21 anni alle Officine FFS in qualità di maestro artigiano.

È fratello di Gianni Frizzo e ha sempre fatto parte del SEV, seguendone l’attività con attenzione.

È sposato con Daniela, padre di 2  figli e abita a San Vittore GR.