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Un coro di voci per i diritti

Foto del Primo Maggio

Mai abbassarela guardia: La pioggia battente su Bellinzona non ha fermato lavoratori e lavoratrici. Un coro contro il deterioramento delle condizioni di lavoro in Ticino, si è alzato anche in occasione del Primo Maggio organizzato dall’Unione sindacale svizzera.

SEV in prima fila a Bellinzona: l’acqua a catinelle non scoraggia i ferrovieri.

Appello alla lotta in tutta la Svizzera per maggiore giustizia per tutti e per tutte

Non solo nel settore privato, ma anche nel servizio pubblico (Posta e FFS) ci sono molte situazioni da denunciare. E con forza. Uguaglianza salariale, rafforzamento dell’AVS e solidarietà internazionale sono stati i temi principali di questo Primo maggio.

Non una giornata come tante. Anche se come tante ha avuto al centro il lavoro. Lavoro che dalla notte dei tempi scandisce la vita di ognuno di noi. Lavoro che per alcuni diventa un miraggio o un bene che non hanno più. I venti di liberalizzazione e la crescente deregolamentazione del mercato del lavoro, cambiano velocemente le regole del gioco. Nessuno è escluso. A cominciare dal settore che ci riguarda direttamente come Sindacato del personale dei trasporti. «Le preoccupazioni dei dipendenti FFS e FFS Cargo – ha spiegato in piazza Governo a Bellinzona il sindacalista del SEV Angelo Stroppini – sono legate al progetto denominato RailFit 20/30 che prevede entro il 2020 risparmi per 1,2 miliardi di franchi e la diminuzione di 1400 posti di lavoro in Svizzera. Due licenziamenti ignobili sono stati effettuati in questi giorni e si teme per altri posti di lavoro. L’aumento del traffico ferroviario, peraltro già constatato con l’apertura di Alptransit, dovrebbe tramutarsi in un aumento dei posti di lavoro a favore di un servizio pubblico, sicuro e dal volto umano. Per poter far fronte a questo sviluppo del traffico, il personale ha bisogno di stabilità. Queste continue discutibili riorganizzazioni creano solo incertezza. L’apertura del tunnel di base del San Gottardo e nel 2020 del Ceneri, oltre che opportunità, rischia di portare alcuni problemi sul fronte
occupazionale».

«L’aumento del traffico ferroviario, peraltro già constatato con l’apertura di Alptransit, dovrebbe tramutarsi in un aumento dei posti di lavoro a favore di un servizio pubblico sicuro e dal volto umano. Ma non è sempre così. Anzi!» Angelo Stroppini, sindacalista SEV

Continua Stroppini: «Notizia di questi giorni, il licenziamento dei 3 custodi attivi in tre centri FFS recentemente inaugurati. Due dei collaboratori citati non potranno usufruire del programma di ricollocamento interno delle FFS in quanto non hanno ancora raggiunto 4 anni di servizio. Da poco assunti e di fatto già licenziati».


La scure di RailFit 20/30

La scure dei tagli RailFit 20/30 sinora non ha ancora fatto grandi clamori in Ticino. Sono stati colpiti singoli piccoli gruppi di persone e questo per non destare scalpore. Eppure chi è stato colpito vive un dramma individuale e familiare. Lo ha molto bene spiegato Luca, uno dei tre custodi che hanno perso il posto di lavoro. «Assunto di recente dalle FFS con buone prospettive professionali – ha raccontato Luca – ora mi ritrovo senza un lavoro e senza sapere in base a quali logiche mi hanno lasciato a casa dopo un anno».
« Il SEV – ha concluso Stroppini – difenderà le collaboratrici e i collaboratori colpiti dai tagli individualmente e collettivamente e continuerà a denunciare pubblicamente strategie aziendali sostenute e implementate da alcuni manager spregiudicati. Bisogna opporsi a questi tagli – ha detto Stroppini – perché vanno a sovraccaricare ulteriormente le condizioni di lavoro di chi resta, perché siamo contro una disumanizzazione dei trasporti pubblici e perché il servizio pubblico deve rimanere sicuro. La sicurezza non può essere solo tecnologia, cemento e distributori automatici di biglietti. Ci vuole più personale sui treni, nelle stazioni e nelle biglietterie».

Zanier, il sindacalista poeta che ha anticipato i tempi

«Care compagne e cari compagni, prima di dare la parola a chi interverrà su questa piazza, permettetemi – ha detto la sindacalista del SEV Françoise Gehring – di riprendere le parole di Enrico Borelli su Leonardo Zanier e di aggiungere un paio di riflessioni soprattutto sul poeta friulano (che si è spento la scorsa notte, all’età di 82 anni, nella sua casa di Riva San Vitale). Molte delle poesie di Zanier – sindacalista, animatore e mediatore culturale, esperto di formazione degli adulti e di emigrazione – sono state musicate e tradotte in varie lingue europee. Zanier è stata la voce che ci ha messo in guardia dalla nuova globalizzazione, senza sosta, con ostinata determinazione. Non ha mai smesso di denunciare un capitale senza vincoli, senza freni. Non ha mai smesso di denunciare – ricorda Gehring – tutte quelle forme di economia e di gestione che mettono sempre più a rischio gli equilibri e la vita delle persone. Soprattutto delle persone normali. Oggi siamo qui tutti insieme per denunciare queste cose e lo faremo con un pensiero di gratitudine e di profondo affetto verso Leonardo Zanier. Lo faremo con le voci di sindacalisti e militanti, per denunciare le derive del servizio pubblico, le offensive di smantellamento alla Posta e alle FFS. Per denunciare gli attacchi alle pensioni e il clima xenofobo nei confronti dei migranti che con l’arrivo dell’estate torneranno a bussare alle nostre porte, con indicibili sofferenze, tanti progetti, grandi illusioni e poche speranze».

L’intollerabile politica della Posta

Responsabile di syndicom per la regione Ticino, Marco Forte ha attirato l’attenzione sull’«intollerabile politica antisociale» portata avanti dalla Posta, in particolare attraverso il suo «piano di smantellamento degli uffici postali» che colpisce in modo particolare il Ticino, dove sono a rischio 78 uffici su 112. E ormai evidente, ha dichiarato Forte, che «l’obiettivo della Posta non è più quello di garantire un servizio pubblico di qualità, bensì quello di massimizzare i profitti. I lavoratori vengono ormai considerati un costo e non più una risorsa».
Per l’Unione sindacale Svizzera c’è insomma davvero poco da festeggiare. «Siamo qui per rivendicare un futuro più equo e più solidale per tutte e per tutti», ha affermato la sindacalista di Unia Chiara Landi, ricordando come «la leva della precarietà generalizzata» condanni soprattutto le donne «a una condizione di insicurezza e instabilità». Non poteva mancare la voce delle Officine. Ivan Cozzaglio ha ricordato le celebri lotte delle Officine e ha esortato i sindacati a non cedere a compromessi, specialmente in un clima dove l’arroganza padronale aumenta giorno per giorno. Ma ha anche lanciato un appello all’unità dei ferrovieri.

Pensioni e parità

A livello nazionale il movimento sindacale ha tematizzato, come del resto in Ticino, la riforma Previdenza per la vecchiaia 2020. Posizioni diverse tra i sindacati in merito all’età pensionabile per le donne. UNIA, per esempio, chiede che l’aumento di quest’ultima sia compensata con la parità di retribuzione. A Baden il presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) e consigliere agli Stati Paul Rechsteiner ha ricordato l’importanza della votazione del 24 settembre sulla «Previdenza 2020». «Chi definisce irrisori gli aumenti della rendita AVS da 840 (persone sole) a 2700 franchi (coppie), non ha nessuna idea della realtà». Il sistema, secondo Rechsteiner, non aiuterà solo le persone più anziane, ma anche i giovani avranno interesse a disporre di un’assicurazione sociale solida.
Vania Alleva, presidente di UNIA, a Berna e a Thun ha ribadito un chiaro sì alla riforma sulle pensioni. Per UNIA – e come per gli altri sindacati – l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne è però un enorme rospo che va di traverso. E ingiusto che le donne paghino il prezzo più alto per i miglioramenti dell’AVS. Il lavoro, secondo la sindacalista, deve essere «riconosciuto sotto forma di giusta retribuzione, di buone condizioni di lavoro e di sicurezza sociale, ma anche sotto forma di rispetto e di dignità». UNIA intende dunque lanciare una nuova iniziativa popolare dal titolo «Basta con il furto di stipendio – per la parità di retribuzione, ma subito».
A Bülach la presidente del Sindacato svizzero dei servizi pubblici (SSP/VPOD) Katharina Prelicz-Huber ha condannato lo smantellamento dello Stato, i regali fiscali e la politica d’austerità: «Noi chiediamo un servizio pubblico di qualità, buone condizioni di lavoro e salari uguali». Tuttavia, la presidente VPOD non vede le donne come perdenti nella votazione del 24 settembre, sebbene debbano pagare un prezzo molto alto con l’innalzamento dell’età pensionabile: con la deduzione di coordinamento dei dipendenti, i lavoratori a tempo parziale avranno più soldi nel fondo pensione. Molte donne potrebbero continuare ad andare in pensione a 64 anni senza alcuna perdita, ha ribadito Prelicz-Huber. Non è d’accordo la militante di UNIA Tina Maddaloni che a Bellinzona ha chiaramente detto che «aumentare l’età di pensionamento delle donne in nome della parità è un’ingiustizia inaccettabile, che non tiene in nessun modo conto di quanto le lavoratrici siano già pesantemente discriminate nel corso della loro vita professionale. La riforma è un gravissimo arretramento sociale e politico».
Come non terminare con l’appello a combattere la xenofobia e il razzismo lanciato con un vibrante messaggio da Diego Parrondo. «Con questa politica migratoria che chiude gli occhi sulle sofferenze di migliaia di persone, chiediamoci se la Svizzera è ancora un paese civile».

Françoise Gehring