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Maestranze e sindacati non abbassano la guardia

Officine: fatti e non parole

Una delegazione dei lavoratori delle Officine ha consegnato al presidente del Gran Consiglio la petizione interna. Frizzo: «È tempo delle azioni concrete».

Le maestranze delle Officine vogliono fatti. Ma fatti concreti, perché con le sole parole non si costruisce alcun futuro. Anche perché parole altisonanti e promesse vengono poi smentite dai fatti. In occasione dell’ incontro con il Consiglio di Stato, mercoledì 17 ottobre, la delegazione delle Officine ha posto nuovamente al centro la salvaguardia dei posti di lavoro e non solo a corto termine. «Le nostre preoccupazioni sui posti di lavoro - ha commentato il segretario del SEV Pascal Fiscalini, titolare del dossier Officine - sono più che legittime. La realtà, infatti, rileva cifre sconcertanti: dal 2013 si sono persi 130 posti di lavoro e 90’000 ore di volumi di lavoro. Tutta la discussione sul futuro delle Officine non può dunque prescindere dal fattore principale, cioè il mantenimento dei posti di lavoro. Questo è l’elemento principale e non la discussione del sedime». Parole molto chiare, quelle di Pascal Fiscalini, che ha aggiunto: «Le maestranze hanno sollecitato il governo ticinese a difendere gli interessi non solo dei lavoratori ma di tutto il Ticino». E nemmeno dopo l’incontro tra il Consiglio di Stato e le FFS, avvenuto il giorno successivo «sono state fornite le necessarie garanzie per tranquillizzare le maestranze e i sindacati», ha puntualizzato nuovamente Fiscalini, ricordando che questi temi saranno affrontati in occasione della prossima Piattaforma che si terrà nel corso del mese di novembre.

In primo piano Gianni Frizzo, Ivan Cozzaglio e Walter Gianora, presidente del Gran Consiglio

Ad ogni modo una cosa è chiara: l’opzione di trasferimento delle Officine - che le FFS hanno annunciato genericamente «nel Bellinzonese» - e la conversione del comparto industriale non possono implicare la riduzione di 200 posti di lavoro né la progressiva erosione dei volumi di lavoro. «Sindacati e maestranze - sottolinea ancora Fiscalini - chiedono che gli accordi sottoscritti tra le parti siano mantenuti. Occorrono inoltre garanzie esplicite per quanto riguarda l’evoluzione del lavoro in seno alle Officine fino al 2026».

Prima della serie di incontri con il Cantone, una delegazione dei lavoratori delle Officine FFS ha incontrato all’ingresso di Palazzo delle Orsoline il presidente del Gran Consiglio Walter Gianora a cui ha consegnato la petizione interna sottoscritta da lavoratori e lavoratrici. 347 le firme raccolte dagli operai in difesa delle Officine di Bellinzona. La petizione, intitolata «Le FFS devono rispettare i patti», vuole rimettere sotto i riflettori antiche promesse. «Il tempo delle domande da porre alle FFS dalle istituzioni politiche si è ormai esaurito. È il tempo delle denunce e delle azioni concrete per far fronte alle palesi incoerenze dell’ex regia federale» ha dichiarato Gianni Frizzo, presidente dell’Associazione giù le mani dall’Officina. Le maestranze vogliono fare pressione su Governo e Gran Consiglio affinché vengano stesi in tempi brevi i rapporti commissionali e si prenda una decisione in merito alla futura ubicazione del polo tecnologico.

frg

Il terreno

La Otto Scerri SA di Castione non è intenzionata a cedere i propri terreni alle FFS, dove probabilmente le Ferrovie vogliono far sorgere le nuove Officine in partenza da Bellinzona. Secondo quanto anticipato dal Corriere del Ticino, la ditta ticinese è proprietaria di quasi la metà dei 500 mila metri quadrati che formano la zona industriale che interessa alle FFS, le quali possiedono già 5000 metri quadri. Ma questi non bastano perché per uno stabilimento produttivo all’avanguardia ne servirebbero almeno 50’000. «Da noi non riceveranno niente, ci serve tutto quello spazio per proseguire la nostra attività. Di vendere non se ne parla» afferma Franco Gianoni, l’avvocato che cura gli interessi della Otto Scerri SA. Il legale lascia comunque uno spiraglio aperto: «Eventualmente potrebbero entrare in linea di conto quelle che in gergo vengono chiamate delle rettifiche di confine».