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Un dramma evitabile

Incidente di Granges-Marnand: anche le FFS hanno la loro parte di responsabilità

Il processo al macchinista protagonista della collisione ferroviaria del 29 luglio 2013 a Granges-Marnand, si è concluso con la condanna: una multa di 90 aliquote giornaliere sospese con la condizionale. Per il SEV il macchinista non avrebbe dovuto essere solo sul banco degli imputati. Certo, ha superato un segnale rosso, ma le FFS hanno pure una parte di responsabilità a causa di lacune nella sicurezza e misure di risparmio.

Nel sinistro morì un macchinista e rimasero ferite 26 persone.

La Corte correzionale della Broye e del Nord vodese ha condannato il macchinista a una multa di 90 aliquote giornaliere di 60 franchi con la condizionale per due anni. L’uomo è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo. Nel sinistro del 19 luglio 2013 morì il collega 24enne dell’altro convoglio e rimasero ferite 26 persone, di cui sei gravemente.

Per i giudici, la colpa del macchinista è «contrastata». L’uomo di 58 anni ha omesso di rispettare il segnale di fermata e azionato il freno di emergenza con un ritardo di 28 secondi, ma la sua «colpa grave» è attenuata da diversi elementi. Il presidente della Corte ritiene infatti che ci sono alcuni elementi a discolpa del macchinista, tra di essi: un orario di servizio che non indicava più l’incrocio, la soppressione del doppio controllo e lo stress cui sono sottoposti i macchinisti.

Durante il processo, l’imputato era solo davanti ai giudici dal momento che la procura aveva escluso una responsabilità penale delle FFS. Se è ovvio che il macchinista ha una precisa responsabilità in questo dramma, il SEV ritiene che anche le FFS ne hanno comunque una parte. Diversi elementi, alcuni del quali rimasti nell’ ombra, mostrano che le misure di risparmio dell’ex regia federale hanno reso possibile questa catastrofe.

«Trapezisti senza rete»

Durante l’audizione dello scorso 24 ottobre, il macchinista ha denunciato «lo smantellamento» della sicurezza da parte delle FFS a partire dagli anni Duemila. Mentre nel passato tre uomini avevano un ruolo preciso nella partenza del treno, le FFS hanno progressivamente soppresso i controllori e il compito di dare l’ordine di partenza al capostazione. Da tempo ormai il SEV denuncia «la disumanizzazione dei treni e delle stazioni». Se questa politica permette alle FFS di risparmiare, ne consegue un sovraccarico di responsabilità sul macchinista che da solo deve fare un lavoro che prima facevano in tre. Sopprime il doppio e persino il triplo controllo, significa sopprimere tutto ciò che proteggeva i macchinisti, «che sono stati trasformati - osserva Jean-Pierre Etique segretario sindacale SEV - in trapezisti senza rete». Dunque, per motivi di risparmio le FFS hanno giocato con la sicurezza. Tanto che dopo il dramma hanno dovuto reintrodurre il doppio controllo in diverse stazioni, tra cui Granges-Marnand. Va inoltre aggiunto che le informazioni lacunose trasmesse ai macchinisti, non permette più, come prima, di anticipare gli incroci di convoglio al momento di iniziare il turno di lavoro.

Serie lacune nella sicurezza

Situata lungo una linea secondaria, la stazione non era equipaggiata del sistema di controllo ZUB. Se l’avesse avuto a disposizione, al momento della ripartenza del treno, sarebbe immediatamente scoccato un allarme. Alla fine questo sistema è stato introdotto quasi un anno dopo, nel mese di aprile del 2014. Secondo il rapporto del Servizio svizzero di inchiesta sugli incidenti (SISI), la prima causa della collisione è proprio «l’assenza di equipaggiamenti di sicurezza moderni […] in una stazione di incrocio […] dove il doppio controllo della partenza del treno non è più praticato». Le FFS avrebbero dunque dovuto continuare ad obbligare il capomovimento a dare la propria autorizzazione alla partenza dei convogli.

Avrebbe potuto essere evitato

C’è qualcosa di terribile in questa storia: alla fine quel dramma poteva essere evitato; il macchinista avrebbe potuto tagliare la linea, ma il capomovimento non lo poteva sapere. Per lui «il dispositivo di disinnesto» era «disattivato». In causa, secondo il SISI, «il processo in vigore che occulta totalmente la possibilità di disinnestare la linea di contatto. Con chiare istruzioni e una migliore formazione sui sistemi di allarme e di urgenza, questo dramma avrebbe potuto essere evitato.Yves S

ancey/frg