Il dibattito si concentra sull’importo delle indennità da versare a chi viene licenziato

Sciopero legittimo

Su mandato della Confederazione, i professori Jean-Philippe Dunand e Pascal Mahon hanno analizzato il tema della protezione in caso di sciopero legittimo, dopo aver pubblicato l’anno scorso uno studio sulla protezione dei rappresentanti dei lavoratori. Questo secondo capitolo si inserisce nel quadro delle diverse denunce inoltrate all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), tra cui quella della VPOD legate allo sciopero presso l’Ospedale della Provvidenza a Neuchâtel. Altre erano stato inoltrate in precedenza dall’USS.

Il vostro studio sullo sciopero legittimo è appena stato pubblicato. A quando una maggiore protezione dei lavoratori e delle lavoratrici che partecipano allo sciopero?

Jean-Philippe Dunand: La commissione responsabile del dossier presso la Confederazione, ossia la commissione tripartita per le questioni dell’OIL, ha preso atto della pubblicazione e organizzerà dal primo gennaio 2017 alcuni seminari di discussione, un fatto abbastanza inusuale. Noi ci saremo, quindi si dovrà pazientare …

Quali sono le conclusioni della vostra ricerca?

J.-P.D.: Una tutela del/della dipendente con un risarcimento massimo di dodici mesi sarebbe giudicato soddisfacente dall’OIL; in questi termini l’effetto deterrente è più incisivo, poiché la sanzione diventa più costosa per l’azienda. Si tratterebbe di un buon compromesso. La decisione verrà presa da un giudice che dovrà considerare tutte le circostanze. La pena massima prevede un’indennità di dodici mensilità. Ma questa riforma è per ora già combattuta dal padronato.

Perché i datori di lavoro sono contrari a questa soluzione?

Pascal Mahon: I rappresentanti del padronato ritengono che la protezione accordata finora, vale a dire un’indennità pari a sei mesi di salario, è sufficiente. I dodici mesi proposti dalla Confederazione, trovano soprattutto lo scoglio dei padroni delle piccole imprese, per i quali tali indennità sono apparentemente difficili da assumere.

Qual è la posizione dei sindacati?

I sindacati chiedono una maggiore protezione, compresa la reintegrazione nell’azienda e l’annullamento del licenziamento. Ma i datori di lavoro non ne vogliono sapere. Per l’OIL è comunque chiaro: l’indennità massima di sei stipendi non è sufficiente rispetto agli standard internazionali.

Di mezzo ci sono anche i diritti fondamentali, vero?

P.M.: Certo, la libertà sindacale si scontra con la libertà economica e contrattuale. Non possiamo impedire che i datori di lavoro assumano e licenzino chi vogliono.

Avete suggerito altre piste di azione alla Confederazione.

P.M.: Abbiamo indicato, ad esempio, la possibilità di sviluppare una protezione dal licenziamento in base all’età. Protezione che deve essere più estesa per i lavoratori di una certa età rispetto ai giovani, poiché in Svizzera le persone che hanno superato i 50anni faticano moltissimo a trovare una nuova occupazione. Ma questa protezione potrebbe anche avere effetti perversi, a causa di datori di lavoro pronti a licenziare il proprio dipendente prima della data fatidica.

J.-P.D.: Abbiamo anche suggerito un’altra idea, che consiste nell’ampliare i poteri delle parti sociali, rafforzando in tal modo il partenariato sociale. Allo stato attuale, il diritto svizzero limita notevolmente i diritti di contrattazione. Abbiamo inoltre menzionato un altro modo per proteggere il/la lavoratore/trice, che consiste nell’ordinare la pubblicazione della sentenza definitiva con la constatazione del licenziamento senza giusta causa e/o le discriminazioni sindacali.

Questa situazione può perdurare a lungo prima che il Parlamento approvi una proposta? Basti pensare che la denuncia presentata dall’USS risale al lontano 2003.

J.-P.D.: Certamente. Se le parti sociali e politici non troveranno un compromesso soddisfacente, questa situazione potrebbe continuare. Ma l’OIL tornerà necessariamente alla carica e chiederà alla Svizzera a che punto è.

L’OIL è intervenuta in particolar modo dopo la denuncia inoltrata dalla VPOD contro i licenziamenti successivi allo sciopero presso l’Ospedale della Provvidenza*. Qual è il margine di manovra dell’OIL in casi come questi?

P.M.: L’OIL può formulare delle osservazioni, ma non può comminare sanzioni. Il diritto non è imperativo (= nessun obbligo formale di seguire le raccomandazioni). Non è per contro il caso della CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo), che ha la facoltà di condannare un paese in modo imperativo. Ma questo non è mai stato il caso con la Svizzera. È del resto una via, quella della CEDU, studiata da vicino dai sindacati. Ricorrere alla Corte europea potrebbe costringere la Svizzera a modificare la sua legislazione del lavoro. Nel caso dell’Ospedale della Provvidenza, la procedura civile non è ancora conclusa. Non è ancora noto se i licenziamenti saranno giudicati abusivi o meno.

Come si fa a determinare se un licenziamento è abusivo o meno?

P.M.: Nel caso che ci interessa qui, vale a dire gli scioperanti e i rappresentanti dei lavoratori, vi è la possibilità che il licenziamento possa essere considerato abusivo se lo sciopero era legittimo. Ci sono comunque diverse possibili interpretazioni e il licenziamento potrebbe pure essere giudicato non abusivo, se il datore di lavoro evoca ragioni economiche. Occorre sottolineare che è sempre difficile decidere se un licenziamento è lecito o illecito. Se, per contro, lo sciopero era illecito, non vi è alcuna ambiguità: il licenziamento avviene e basta.

In Svizzera, si parla molto della pace del lavoro. Come ci si muove?

P.M.: In caso di pace del lavoro, vale a dire quando esiste un contratto collettivo di lavoro (CCL), firmando il CCL il personale rinuncia a fare sciopero contro tutto quanto è regolamentato dal CCL. Per il resto non vi è alcun divieto di sciopero, a meno che nel CCL non venga contemplata la pace del lavoro è assoluta.

Come si fa a determinare se uno sciopero è legale o illegale?

P.M.: Ai sensi dell’articolo 28 della Costituzione federale, lo sciopero è l’ultima ratio dei lavoratori e delle lavoratrici nelle loro recriminazioni nei confronti dell’azienda. Si può ricorrere allo sciopero solo se si sono esaurite tutte le altre possibilità di trattative. Si tratta di un punto soggetto da sempre ad interpretazioni. Vi è un’altra condizione: lo sciopero deve essere sostenuto da un sindacato (si chiama cauzione sindacale) e deve essere proporzionato (ragionevolmente limitato nel tempo, pacifico, ecc.).

Ci sono certamente paesi esemplari in termini di tutela dei lavoratori.

J.-P.D.: Quasi tutti i paesi forniscono protezioni specifiche, ma sono di natura molto varia. Non c’è un tipico esempio da seguire. Certamente la Svizzera è da annoverare nei paesi liberali, con una protezione relativamente bassa dei salariati.

P.M.: Gli italiani, per esempio, hanno deciso di assicurare una tutela variabile in base alle dimensioni dell’azienda. Se supera 15 persone, l’azienda deve impegnarsi a reintegrare il dipendente nel caso in cui il suo licenziamento è stato ingiusto. Se l’azienda è più piccola, la sanzione è solo finanziaria. Le grandi aziende hanno così creato delle divisioni di unità produttive per evitare di reintegrare il personale licenziato.

Torniamo un po’ all’inizio: quale è stato esattamente il vostro mandato?

J.-P.D.: La volontà di rafforzare la legge svizzera in materia di protezione contro il licenziamento, esiste da anni. Nel 2010 il Consiglio federale ha messo in consultazione un progetto in cui era previsto l’aumento dell’indennità massima per licenziamento abusivo da sei a dodici mesi. A causa delle enormi divergenze, il Consiglio federale ha sospeso il progetto. La SECO (Segreteria di Stato dell’economia) e l’Ufficio federale di giustizia si sono rivolti a noi per chiederci di stabilire se il diritto svizzero è conforme alle norme internazionali, come la CEDU e le convenzioni dell’OIL ratificate dalla Svizzera.

Henriette Schaffter/frg

* In seguito alla disdetta del CCL da parte dell’Ospedale della Provvidenza, 22 dipendenti hanno scioperato. Hanno così ricevuto una lettera di licenziamento con effetto immediato, a causa del loro rifiuto di tornare al lavoro.