Hans-Jörg Bertschi presiede i consigli d’amministrazione della Hupac e della Bertschi trasporti, la ditta di famiglia

«La galleria di base del Gottardo: svolta epocale»

Per le merci la ferrovia, è il motto di Hupac e della ditta di trasporti Bertschi di Dürrenäsch. Hans-Jörg Bertschi é il presidente del consiglio d’amministrazione di entrambe e in questa intervista spiega la collaborazione tra i diversi attori in campo.

contatto.sev: il 28 febbraio, il popolo ha approvato il raddoppio della galleria autostradale e il 1. giugno verrà inaugurata la galleria di base ferroviaria. Per lei, qual è la data più significativa?

Hans-Jörg Bertschi: é evidente che la galleria ferroviaria caratterizzerà la politica dei trasporti dei prossimi cento anni, com’è stato il caso della galleria attuale negli ultimi cento anni. È una svolta epocale per tutta l’Europa. Il raddoppio della galleria autostradale è invece una misura ordinaria di alleggerimento che non avrà nessun influsso sulla politica dei trasporti nel suo complesso.

Lei presiede la Hupac, ma nel contempo anche la sua propria azienda, che in origine svolgeva trasporto su strada. Cosa cambierà con il Gottardo per queste due aziende?

Porterà molto ad entrambe. La nostra ditta si occupa del trasporto di Container, in primo luogo in Europa, ma anche in Asia, nel medio oriente e negli Stati Uniti. Noi puntiamo ovunque sul trasporto combinato, che in Europa costituisce l’80 percento del nostro trasporto. Siamo quindi ormai più un’ azienda di trasporto ferroviario che stradale.

E per Hupac?

L’attività di Hupac é rivolta in misura ancora maggiore all’asse Nord-Sud, sul quale però i maggiori benefici si avranno solo dal 2020, con la realizzazione integrale del corridoio di 4 metri e di una ferrovia di pianura, quindi con l’ultimazione delle gallerie del Bözberg e del Ceneri.

Che differenze vi sono tra queste due ditte?

Esse operano in settori diversi della stessa catena di trasporto: Hupac offre treni completi tra due terminali, Bertschi invece soluzioni porta a porta con singoli container, facendo essa stessa capo, unitamente a molte altre ditte, a treni Hupac.

Come mai Hupac non è diventata un’impresa ferroviaria?

Hupac ha questo statuto, che però impiega solo in Italia per svolgere alcuni incarichi di manovra. Nella prima fase di apertura dei mercati era però fondamentale dimostrare agli altri partners che Hupac era in grado di svolgere tutti i compiti autonomamente, per cui ha acquisito lo statuto di impresa di trasporto ferroviario (ITF). Abbiamo anche acquistato diverse locomotive che nel frattempo abbiamo noleggiato ai nostri partner.

A Hupac conviene quindi fungere solo da impresa di trasporto?

In una catena complessa come quella del trasporto combinato è più opportuno che le singole aziende si concentrino sui vari livelli di produzione. In altre parole: le imprese ferroviarie si occupano della trazione, Hupac dell’Operating tra un terminale e l’altro e l’organizzazione di treni completi con i propri vagoni e le ditte di trasporto operano sul mercato, portando i loro carichi sulla ferrovia. Una simile collaborazione tra i tre partner è ideale.

Hupac, ma anche la stessa Bertschi, perseguono l’obiettivo di trasferire il traffico su ferrovia. Lei però inizialmente si occupava di trasporto stradale.

Per i primi otto anni, Bertschi si è occupata unicamente di trasporto stradale, ma ormai sono 52 anni che svolgiamo trasporti combinati in tutta Europa. Dato che in Europa mancano ormai le possibilità di crescita, cinque anni fa abbiamo deciso di lanciarci in uno sviluppo globale, constatando che abbiamo una certa facilità, probabilmente grazie alle nostre capacità di gestire catene di trasporto molto complesse. Noi ci proponiamo come azienda intermodale che vuole trovare la miglior soluzione per il cliente, nell’intento chiaro, laddove possibile, di trasportare per ferrovia.

La vostra sede, qui a Dürrenäsch é però piuttosto lontana dai binari …

Che la nostra sede principale sia qui, ha poca importanza. La nostra sede in Svizzera è a Birrfeld, dove abbiamo un terminale ferroviario, all’incrocio tra l’autostrada N1 e la linea ferroviaria del Gottardo. Quando ci inseriamo in nuovi mercati, tentiamo di operare nello stesso modo. 25 anni fa, quando cadde il muro di Berlino, numerosi trasportatori dell’Europa occidentale temevano l’avvento della concorrenza a buon mercato dall’Est, che avrebbe compromesso le possibilità del trasporto combinato, riportando tutto su strada. Noi abbiamo deciso di espanderci progressivamente nelle nazioni dell’Europa orientale, implementandovi il trasporto combinato. Oggi siamo presenti in dieci nazioni, Russia compresa e siamo riusciti, partendo da zero, a realizzare il trasporto combinato, trasferendo il traffico dalla strada alla ferrovia.

Im Büro von Hans-Jörg Bertschi hängt eine Weltkarte aus China, die zeigt, dass Europa nicht zwingend im Mittelpunkt stehen muss.

Il problema della concorrenza a buon mercato dell’Est però rimane.

Non si può evitare del tutto, ma constatiamo anche una certa crescita economica nell’Europa orientale che fa sì che le forze di lavoro comincino a rientrare. Questo fenomeno peggiora la mancanza di autisti in Europa occidentale a beneficio del trasporto combinato.

Hupac ha realizzato il primo trasporto ferroviario dalla Cina all’Europa.

Si tratta del nostro prodotto più esotico. Abbiamo constatato che vi è un mercato per certi prodotti, per cui abbiamo recentemente deciso di fondare una filiale di Hupac a Shanghai, per sostenere questa evoluzione. Abbiamo fatto la stessa cosa dieci anni fa in Russia e oggi in questo paese disponiamo di una nostra flotta di veicoli. Siamo convinti che anche in Cina vi sarà un’apertura del mercato e la ferrovia impiega metà del tempo per il trasporto verso l’Europa. Per i clienti con merci di valore può quindi costituire una valida alternativa, che permette di evitare di dover far capo all’aereo.

Lei è titolare di una ditta privata, che opera in un settore pubblico. Preferirebbe poter far capo a strutture private?

Nella discussione sulla legge sul trasporto merci, ho sostenuto la necessità di un’apertura. Il criterio fondamentale non è però se pubblico o privato, quanto la capacità di adattamento. Dobbiamo tener presente che vi sarà una chiara evoluzione, in quanto siamo agli inizi della digitalizzazione della catena logistica. Google sta investendo capitali enormi nelle auto senza conducenti, mentre in Olanda si fanno le prime prove con Platooning, un sistema che permette di collegare tra loro sino a cinque autocarri, che richiedono così un solo autista. Sono sfide alle quali non possiamo sottrarci e non vi è sistema più semplice da automatizzare della ferrovia.

Platooning è quindi una specie di trazione multipla?

Si, ma bisogna considerare che per nel trasporto stradale, l’autista rappresenta circa un quarto dei costi totali. Se in futuro vi sarà un solo autista per cinque autocarri, anziché cinque, saremo confrontati con un fattore di concorrenza molto più agguerrito di quello attuale. Questo evidentemente non nel traffico locale, ma sulle lunghe distanze, che però sono proprio il terreno del trasporto combinato.

Andiamo verso la soppressione della figura del macchinista?

La questione fondamentale non è quella legata al macchinista, quanto il chilometraggio che una locomotiva è in grado di percorrere in un anno, che a sua volta dipende molto dall’armonizzazione dei sistemi di sicurezza. Il sistema prevede ancora numerosi ostacoli che gli impediscono di risultare più economico.

Sta rivolgendo un appello alla politica europea?

Certo, ma anche a ogni azienda ferroviaria che deve affrontare le sfide derivanti dall’applicazione dell’elettronica, in particolare per la ferrovia. Posso immaginarmi che sia molto più semplice gestire tramite l’informatica un traffico per ferrovia da Colonia a Busto Arsizio che un traffico sull’autostrada est-ovest. Probabilmente, però, nemmeno la nostra immaginazione riesce a tenere il passo con l’evoluzione in atto.

Qual è il suo auspicio principale nei confronti della politica svizzera dei trasporti?

Che si riesca a superare l’attuale schema «strada contro ferrovia». Il mercato lo ha fatto e noi siamo ormai tutte aziende di logistica. La politica tende ad approfittare dei nostri contrasti, quindi dovremmo essere più furbi e compattare i nostri ranghi, tanto più che i nostri obiettivi sono comuni.

Sia Bertschi che Hupac erano anche azionisti di Crossrail, che avete però abbandonato recentemente. Perché?

Un tempo, l’apertura del mercato zoppicava e noi non eravamo certi di quale sarebbe stata l’evoluzione, per cui ci siamo impegnati anche in Crossrail. Adesso è arrivato Rhenus, un partner disposto a investire ed è quindi opportuno che ognuno si occupi del settore della catena di trasporto che gli è più congeniale. Tuttavia è utile anche capire le condizioni degli altri elementi e il nostro impegno in Crossrail ci è stato d’aiuto. Adesso è però stato sostituito dalla partecipazione a FFS Cargo International.

Si é creata una specie di cascata, con Bertschi comproprietaria di Hupac, che a sua volta detiene parte di FFS Cargo International?

Proprio così. In Hupac partecipano numerosi trasportatori e alcune ferrovie, tra le quale le stesse FFS. Numerosi clienti di Hupac detengono singole azioni, per poter partecipare all’assemblea e in consiglio di amministrazione abbiamo rappresentanti dei quattro maggiori azionisti: FFS, Planzer, Hoyer e noi.

Lei è convinto delle possibilità di Hupac per il futuro?

Assolutamente si!

Peter Moor

BIO

Hans-Jörg Bertschi ha 59 anni.

È sposato, ha tre figlie e presto tre nipoti.

Carriera: studi a San Gallo, tesi su «traffico attraverso le Alpi, sulla base di una nuova trasversale ferroviaria».

Terminati gli studi, non era convinto di succedere al padre in azienda, per cui ha dapprima lavorato in una ditta di computer a Ginevra. In seguito, la famiglia gli ha chiesto di riprendere la maggioranza e la direzione della ditta, tentando di mantenere una certa continuità.

Nel tempo libero, pratica un po’ di sport, come Fitness, sci o viaggia, per esempio sulle linee ferroviarie ad alta velocità della Cina.

Patenti: «a 18 anni volevo fare la patente del camion, ma non ho potuto perché vedo molto male da un occhio. Da noi però tutti devono per principio conseguire la patente del camion, anche i disponenti e i Projekt manager.»