Votazione del 12 febbraio 2017 sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese: analisi del professor Sergio Rossi

Ecco il vero costo

Il 27 ottobre, il consigliere federale UDC Ueli Maurer ha lanciato la campagna a favore della terza riforma dell’imposizione delle imprese (RII III). La destra e le associazioni padronali appoggiano a suon di milioni questo pacchetto legislativo, che moltiplicherebbe le facilitazioni fiscali per le grandi imprese. I sindacati e i partiti di sinistra invitano invece a rifiutare questa riforma, denunciandola come un grande regalo che verrà fatto a spese dell’intera popolazione.

contatto.sev: Durante la presentazione del progetto della Riforma III, Ueli Maurer ha sottolineato che in caso questa non dovesse essere applicata, scomparirebbero moltissimi posti di lavoro…

Sergio Rossi: Questa minaccia è l’elemento principale della strategia del terrore utilizzata in generale dagli ambienti economici per indurre il popolo a votare a loro favore. In realtà, bisognerebbe temere un aumento della disoccupazione effettiva, che è ben maggiore di quella evidenziata dalle statistiche, se la Riforma III fosse attuata come vogliono i suoi fautori. Queste perdite d’impieghi risulterebbero dal circolo vizioso che verrebbe a crearsi a causa della diminuzione della spesa pubblica, necessaria per rispettare il freno all’indebitamento sul piano federale e per garantire l’equilibrio delle finanze pubbliche cantonali. Ciò comporterebbe quindi una riduzione del potere d’acquisto delle economie domestiche della classe media svizzera, che ridurrebbero a loro volta le proprie spese di consumo, riducendo gli utili di un numero importante d’imprese, le cui imposte sarebbero allora ridotte e genererebbero perciò un ulteriore calo della spesa pubblica, in un circolo vizioso che a lungo andare aumenterebbe il tasso di disoccupazione.

Il Consiglio federale resta molto vago riguardo alle perdite fiscali che potrebbero risultare dalla Riforma III. È possibile stimarle?

È impossibile prevedere il futuro, soprattutto perché non tutti i cantoni hanno deciso le nuove aliquote d’imposta sugli utili delle imprese a seguito della Riforma III e le scelte delle imprese sono influenzate da molte variabili. Alla luce delle informazioni attualmente disponibili sulla Riforma III e delle modifiche già annunciate in un certo numero di cantoni per adattarsi a quest’ultima, è chiaro che le perdite fiscali per la collettività supereranno largamente le stime fatte dal Consiglio federale e da diverse autorità cantonali. In effetti, una diminuzione delle risorse fiscali comporta in generale una riduzione della spesa pubblica a seguito dell’obbligo d’assicurare un certo equilibrio finanziario, provocando perciò un effetto negativo sulle spese della classe media e, da lì, un calo degli utili delle imprese orientate al mercato nazionale.

Prima ancora dell’entrata in vigore della Riforma III, numerosi cantoni hanno annunciato un importante ribasso della loro imposizione fiscale a beneficio delle imprese. Quali saranno le conseguenze?

Le imprese che realizzeranno degli utili avranno una maggiore liquidità, che parcheggeranno in gran parte sui mercati finanziari per ottenere delle rendite, al fine d’ingigantire i loro profitti a beneficio dei loro manager e azionisti. Alla luce delle difficoltà dell’economia reale in Svizzera, nell’Unione europea e nel resto del mondo, dove l’incertezza è visibilmente aumentata a seguito della Brexit e dell’elezione di Trump, è ormai evidente che la maggior parte delle imprese non reinvestiranno i loro utili in maniera produttiva – ciò che permetterebbe di riassorbire parte della disoccupazione attuale – perché le loro prospettive di vendita sono abbastanza ridotte e lo resteranno ancora per molti anni.

Il Consiglio federale insiste sull’ineluttabilità di questa riforma. La soppressione degli statuti fiscali preferenziali di cui le imprese straniere possono beneficiare deve passare obbligatoriamente da una riduzione massiccia della fiscalità?

No. La riforma è obbligatoria per quanto concerne l’abolizione di questi statuti fiscali, di cui le imprese straniere beneficiano da numerosi anni in Svizzera, ma ciò non significa che dobbiamo fare dei regali fiscali alle imprese per mantenerle nel nostro paese. In ogni caso, queste imprese non ringrazieranno la società con la loro politica d’investimento, visto che il mondo occidentale deve ancora affrontare le drammatiche conseguenze della crisi finanziaria globale scoppiata nel 2008.

È possibile avere un’idea del tasso effettivo al quale saranno imposti gli utili delle imprese che approfitteranno della Riforma III?

Una stima grossolana, ma verosimile, del tasso effettivo d’imposizione degli utili delle imprese a livello nazionale indica che questo tasso si situerà attorno al 12% – anche meno per le imprese che potranno sfruttare l’insieme delle riduzioni concesse dalla Riforma III. Capiamo quindi molto bene che l’obiettivo non dichiarato dalle autorità federali e cantonali è di allinearsi alla fiscalità delle imprese in Irlanda, che rappresenta uno dei livelli più bassi in assoluto sul piano mondiale, se escludiamo i paradisi fiscali esotici. Gli sviluppi recenti indicano però che i paesi del G20 hanno capito che devono collaborare fra loro al fine di mettere ordine in questo ambito ed evitare che possa esserci una doppia non imposizione degli utili delle imprese transnazionali. La sfida attuale consiste nel sapere che farà Donald Trump: infatti, durante la sua campagna presidenziale egli ha annunciato che avrebbe ridotto in maniera considerevole le imposte sugli utili delle imprese.

La concorrenza fiscale aumenta, in Svizzera come sul piano internazionale. Secondo i suoi fautori, la riduzione delle imposte creerà nuovi posti di lavoro. Sarà veramente così?

Ciò può essere vero nei modelli matematici che gli economisti amano utilizzare al fine di convalidare in maniera parascientifica le conclusioni alle quali vogliono giungere nel loro interesse personale. In realtà, in particolare quando l’economia globale va male, la diminuzione del carico fiscale delle imprese non aumenta il numero d’impieghi. A medio termine, constatiamo spesso il contrario.

Guy Zurkinden

L’intervista è stata ripresa da «Services publics» su gentile concessione del sindacato SSP/VPOD.

 

Bio

Sergio Rossi è ordinario di macroeconomia e economia monetaria all’università di Friburgo, collabora con la radiotelevisione della Svizzera italiana, nonché con numerose riviste specializzate. Nel 2012,la rivista «L’Hebdo» l’ha inserito tra le 100 personalità che contraddistinguonola Svizzera romanda, mentre la «Neue Zürcher Zeitung» l’ha classificato nel 2015 tra i 30 economisti più importanti della Svizzera.

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È così che Daniel Leupi, il tesoriere della città di Zurigo, qualifica la terza riforma dell’imposizione delle imprese.

Per le grandi imprese, la Svizzera è un paradiso: il tasso d’imposizione figura come uno dei più bassi a livello mondiale e, ciliegina sulla torta, le grosse imprese possono ricorrere ad una vasta gamma di strumenti che permettono di ridurre la loro fattura fiscale. Tra questi, gli statuti speciali che permettono a 24000 imprese transnazionali che hanno la loro sede in Svizzera di pagare delle imposte nettamente inferiori alle aliquote previste dalla legge. Le più grandi multinazionali se la cavano quindi con un carico fiscale medio del 4,46%! Questi statuti speciali sono sempre più criticati sul piano internazionale. Sotto la minaccia di sanzioni, il Consiglio federale ha dunque deciso di sopprimerli (questo è infatti previsto dalla Riforma III). Ma, allo scopo di aumentare la competitività fiscale svizzera, la Riforma III introduce anche dei nuovi alleggerimenti:

Grazie a dei meccanismi quali il «patent box», la deduzione delle spese di ricerca e sviluppo e la deduzione degli interessi nazionali, le imprese potranno applicare enormi deduzioni (fino all’80%) sugli utili imponibili.

In parallelo, la Confederazione metterà 1,1 miliardi di franchi a disposizione dei Cantoni, per permettere loro di abbassare le loro aliquote d’imposta sugli utili delle imprese.

La Riforma III ha così avviato una corsa al ribasso. In Svizzera romanda, i cantoni Vaud, Ginevra e Friburgo hanno già annunciato che abbasseranno le loro aliquote d’imposta sugli utili (che si applicheranno all’insieme delle imprese) a circa il 13%, avvicinandosi quindi all’aliquota di Lucerna, la più bassa in Svizzera (12,3%). Ne beneficeranno le grandi imprese: in effetti, «quasi due terzi delle imprese con sede in Svizzera non pagano praticamente alcuna imposta sugli utili. Meno del 3% di queste contribuiscono a quasi il 90% di quest’imposta sul piano federale».

Il Consiglio federale non dà cifre precise sulle perdite generate dalla Riforma III. L’Unione sindacale svizzera stima una perdita minima di 2,7 miliardi di franchi per Confederazione, Cantoni e comuni, derivante dalla riduzione delle sole imposte cantonali, alla quale vanno aggiunti gli effetti delle nuove deduzioni fiscali. La fattura sarà quindi molto salata.