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Un problema di mentalità e di conduzione aziendale

Le incognite del tempo parziale

Per chi ha figli, il lavoro a tempo parziale è una possibilità valida per conciliare lavoro e famiglia, a patto di essere in grado di assorbire la diminuzione salariale. È una buona soluzione anche per i datori di lavoro, che possono continuare a contare sia pure in misura ridotta, su dipendenti esperti e fedeli. Ciò nonostante, numerose aziende sono piuttosto refrattarie a questa possibilità. Tra queste, nonostante gli impegni espressi nel CCL, vi sono anche le FFS.

Per scongiurare l’iperflessibilità del personale, occorrono regole molto chiare.

Se ben organizzato e strutturato il tempo parziale consente di meglio conciliare famiglia e lavoro. In caso contrario si traduce solo in meno soldi, piani di lavoro peggiori, termini di impiego sempre più stretti, possibilità di formazione e di carriera minori. Molto dipende dalla conduzione aziendale.

Molte aziende si rendono conto che il lavoro a tempo parziale è una necessità per il personale. È pertanto nell’interesse del datore di lavoro promuovere il tempo parziale specialmente per madri e padri. Ma tutto dipende da come si procede. Purtroppo in molti casi si affronta la questione in modo negativo e pasticciato, con ricadute perlomeno spiacevoli sui collaboratori e sulle collaboratrici. Ma ci sono anche esempi positivi come presso TILO e le FFS (cfr. riquadro in basso).

Tutela migliorata nella CCL FFS 

Nel 2001, il primo CCL FFS prevedeva già all’articolo 52: «il lavoro a tempo parziale viene promosso a tutti i livelli». Questa formulazione è poi stata estesa nel 2005: «il lavoro a tempo parziale viene promosso a tutti i livelli e in tutte le forme» e così è stata ripresa anche dall’articolo 53 dell’edizione 2015 del CCL, intitolato «modello di lavoro a tempo parziale».

È per contro nuova la disposizione che i nuovi contratti di lavoro a tempo parziale debbano precisare se la riduzione del tempo di lavoro avviene giornalmente oppure sotto forma di giorni liberi supplementari e, in quest’ultimo caso, come questi debbano essere concessi (vedi riquadro dell'articolo «La possibilità del tempo parziale dipende dai dirigenti»). Questa regola vuole migliorare la tutela di chi lavora a tempo parziale nei confronti di richieste esagerate di flessibilità.

uttavia, vi sono casi, come per esempio i rilevatori di frequenze nei treni (Micronic) in cui vigono ancora contratti vecchi che non precisano queste regole. Queste colleghe e questi colleghi si vedono così a volte attribuiti solo pochi giorni liberi in un mese, oppure vengono chiamati a prestare numerose ore supplementari, mentre in altri mesi le richieste sono scarse o nulle. Indipendentemente dal grado di impiego, sono chiamati a prestare almeno due sabati e due domeniche al mese. Rifiutare una richiesta, anche se giunta all’ultimo momento, non è sempre facile per queste persone che temono per il loro posto di lavoro.

Fine 2014, 51,3% delle collaboratrici FFS lavoravano a tempo parziale (erano 45% nel 2011), e 11% dei collaboratori maschi (7% nel 2011). La percentuale sta crescendo, ma lentamente ...

Tempo parziale rifiutato ai macchinisti FFS

Il citato articolo 53 non ha poi impedito alle FFS di decidere di non più assumere sino al 2017 macchinisti a tempo parziale, per tentare di far fronte ad una mancanza di personale di cui hanno una grossa responsabilità, in quanto dovuta ad una pianificazione lacunosa. Il SEV-LPV è intervenuto, ottenendo almeno il rinnovo degli attuali contratti a tempo parziale. Questo blocco del tempo parziale ha però fatto sì che numerosi macchinisti siano oggi alla ricerca di un altro lavoro o si siano rivolti alla concorrenza. (Vedi anche l’intervista con Martin Allemann «La possibilità del tempo parziale dipende dai dirigenti»). 

Domande alla vicepresidente del SEV Barbara Spalinger

contatto.sev: Come si pone il SEV verso il lavoro tempo parziale?

Barbara Spalinger: "Molte aziende affrontano il lavoro a tempo parziale in modo maldestro."
Barbara Spalinger: è una realtà di cui dobbiamo tener conto. I tempi in cui si poteva lavorare solo a tempo pieno sono finiti e le aziende farebbero bene ad aprirsi a questa tendenza.

Vi sono molte richieste di aiuto legate al lavoro a tempo parziale?
Molto spesso, sono le donne a farsi avanti, poiché sentono moltissimo il problema di conciliare lavoro e famiglia.

Che tornaconto hanno le aziende nel riconoscerlo?
Non conosco aziende che non abbiano dipendenti a tempo parziale, dei quali evidentemente beneficiano anche loro. Vi sono piuttosto problemi a livello di singole categorie professionali oppure laddove si temono complicazioni di carattere amministrativo. Va anche detto che gradi di impiego molto bassi danno spesso problemi. Per contro, le aziende tendono ad approfittare di gradi d’impiego dell’80 percento e oltre, ai quali impongono oneri lavorativi interi, retribuendoli meno.

Al SEV ti occupi delle imprese di trasporto concessionarie. Come è la situazione in queste aziende?
È un tema che dovrebbe essere affrontato più spesso e vi sono aziende che lo fanno in modo maldestro (ma non è che presso le FFS la situazione sia sempre migliore). Le donne vengono spesso ostacolate quando chiedono di poter riprendere il lavoro a tempo parziale dopo aver avuto un bambino, anche nei casi in cui la riduzione del grado di impiego viene richiesta per un periodo limitato. Eppure, questa soluzione permetterebbe di evitare la perdita di conoscenze derivante da un’assenza più lunga. In questi casi, auspicherei maggior flessibilità. Presso le BLS abbiamo avuto recentemente un caso in cui il rientro di una specialista che lavorava in una professione tipicamente maschile è stato ostacolato al punto che la collega si è dimessa. Un’opportunità sprecata!

Cosa fa il SEV per promuovere il tempo parziale nelle ITC?
Quello che fa sempre per migliorare le condizioni di lavoro: negoziare, vincolare in contratti e, in casi individuali, aiutare a livello legale.

Il SEV promuove il tempo parziale?
Quando ho iniziato al SEV, nel 2001, mi pare di ricordare un segretario sindacale maschio che lavorava a tempo parziale. Oggi, sono almeno in cinque all’80 %. Per contro, solo poche donne lavoravano al 100 % e questo aspetto non è cambiato.

E vi sono difficoltà?
No, eccetto forse un po’ più di attenzione per coordinare gli appuntamenti.

Anche tu lavori a tempo parziale.
L’ho sempre fatto. Da un canto perché, per molti anni, mio marito ed io abbiamo abitato a 800 km di distanza. Ma anche perché ho sempre voluto avere tempo da dedicare ad altre cose. Devo naturalmente fare attenzione ad evitare di farmi prendere la mano e coprire un impegno pieno con il mio 80 percento. Ma non vorrei mai rinunciare alla possibilità di godere di un pomeriggio libero, quando l’agenda me lo permette. 

Markus Fischer (redattore kontakt.sev, impiego all’80%)

Tempo parziale presso TILO e TPG

Tra i macchinisti di TILO, il tempo parziale è una realtà. E funziona

Presso TILO il tempo parziale è una realtà dal primo giugno 2012. Nel preambolo del CCL attualmente in vigore sta scritto così: «Per favorire la conciliazione tra vita privata e vita professionale, l’azienda promuove il tempo parziale a tutti i livelli, compatibilmente con le possibilità aziendali». Il tempo parziale è una conquista sindacale e rispecchia il desiderio dei macchinisti, che avevano posto sul tavolo delle trattative per il rinnovo del CCL il tema della conciliazione tra vita privata e vita professionale. Per un’azienda giovane e in continua crescita come TILO, si tratta indubbiamente di un aspetto molto positivo; con questa opzione – che deve seguire uno schema win-win – TILO dimostra di avere saputo cogliere i cambiamenti in atto nella nostra società. Lucio Campesi, da anni macchinista presso TILO e attuale presidente della Commissione del personale, ha deciso di lavorare al 90 % per avere più tempo per sé. Altri colleghi con figli hanno optato per la soluzione di un impiego all’80 %. «Ho deciso di lavorare a tempo parziale – racconta Lucio – per avere un po’ più di tempo libero per me stesso, per fare sport, viaggiare e stare con amici e famiglia. Lavorando a turni, riuscire a vedersi con altre persone è più difficile, perché spesso quando gli altri lavorano tu sei libero e viceversa». Altri colleghi di Lucio hanno deciso di diminuire il tempo di lavoro in parte per le sue stesse motivazione e in parte perché negli ultimi anni il lavoro di macchinista è diventato più «duro». Turni più pesanti (più tempo concentrati alla guida), orari più estremi (nei turni mattutini che iniziano sempre più presto e nei turni serali che finiscono ancora più tardi) e passaggi tra i turni sempre più corti. Riducendo il tempo di lavoro i colleghi si sono tutelati evitando di essere sempre (troppo) stanchi. «Sono contento – conferma Lucio – di aver compiuto questa scelta alcuni anni fa. Riesco ad avere più tempo libero e anche il lavoro ne ha beneficiato, essendo più riposato e sereno. Aggiungo che per quanto riguarda la pianificazione (il lavoro in percentuale da parte della ditta, TILO, distributore) il tutto funziona bene, riusciamo a conciliare il lavoro in percentuale da entrambi le parti». Il tempo parziale è infatti uno strumento positivo quando si tratta di una libera scelta del dipendente (non viene imposto) e quando è qualificato.
Per le aziende, le misure di sostegno alla famiglia sono fondamentalmente vantaggiose solo in un rapporto win-win. Nell’ambito di un modello di calcolo per cui sono stati rilevati dati in aziende e organizzazioni selezionate sull’intero territorio elvetico, può essere dimostrato che gli effetti positivi diretti di una politica del personale di sostegno alla famiglia superano i costi di tali misure. Ipotizzando effetti realistici, nel modello di calcolo è determinato un return on investment dell’otto per cento.

Françoise Gehring (grado di impiego al SEV: 80%)

Una testimonianza dai TPG: «Prima era più umano»

Quando chiediamo a Maria (nome scelto dalla redazione per garantire l’anonima), autista di bus presso i TPG e dipendente a tempo parziale, che cosa pensa della sua situazione all’interno dell’azienda. Ecco la sua risposta: «E’ una vera catastrofe, abbiamo grandi problemi con la gerarchia. Un superiore ha improvvisamente deciso che tutti avrebbero dovuto essere trattati nella stessa maniera, compreso chi ha figli. Gli orari che permettevano di organizzare lavoro irregolare e vita familiare sono stati soppressi. Prima era tutto più umano. La direzione precedente aveva più rispetto per i tempi parziali e, del resto, ce n’erano molti di più. Ora è impossibile discutere. Alcuni di noi non sopportavano più le condizioni dei tempi parziali: quando si tratta di turni siamo serviti per ultimo e costretti a prendere ciò che resta». Così questi dipendenti sono passati al 100% per evitare problemi. «Altri hanno comunque scelto il tempo parziale perché non sopportavano più il ritmo di lavoro al 100%». Quest’ultima soluzione è del resto caldeggiata dall’azienda, confrontata vieppiù con un notevole assenteismo. Impiegano le persone a tempo parziale affinché siano in forma migliore.
Maria aggiunge: «L’azienda pensa che le persone impiegate a tempo parziale siano meno stanche, giacché lavorano meno e possono adattarsi a orari più difficili». A livello sindacale la posizione è molto chiara: la sezione SEV/TPG ritiene che il tempo parziale così come proposto dalla direzione è una misura ingiusta e irresponsabile. Il sollievo per i/le dipendenti è legato a un complessivo miglioramento degli orari e della pianificazione e non si può ottenere attraverso la misura del tempo parziale, che comporta anche una diminuzione del salario.
Quanto all’azienda  per migliorare il tempo parziale sta conducendo un’analisi interna per organizzare meglio il tempo parziale sulla durata.

Henriette Schaffter (lavora al 60% per contact.sev)