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L’UFT vuole privatizzare le imprese di trasporto

Strategie oscure

La strategia recentemente pubblicata dall’Ufficio federale dei trasporti (UFT) per lo sviluppo dei trasporti sino al 2030 è caratterizzata da un approccio ultra liberale nei confronti del servizio pubblico, delle privatizzazioni e dei pacchetti ferroviari dell’UE.

Daniela Lehmann: il nostro sistema di trasporti pubblici è basato sulla stretta cooperazione dei vari attori (qui la stazione di interscambio di Worb, alla periferia di Berna).

Due settimane fa, l’Ufficio federale dei trasporti ha pubblicato sul proprio sito internet un documento di 26 pagine (solo in francese e tedesco) sulle proprie strategie di sviluppo dei trasporti pubblici entro il 2030, i cui punti principali sono:

  • un maggior orientamento alle necessità della clientela;
  • la concentrazione della crescita dell’offerta laddove vi sono prospettive di sviluppo durevole;
  • una miglior armonizzazione dei trasporti pubblici con lo sviluppo territoriale e le strategie energetiche;
  • una maggior attenzione alla condizione e al finanziamento dell’infrastruttura;
  • l’aumento degli strumenti di mercato e degli incentivi all’azione imprenditoriale;
  • la diminuzione delle «regolamentazioni speciali per la Svizzera».

Il SEV è molto critico, in particolare sui due ultimi punti e sugli obiettivi che ne derivano:

  • parti del trasporto pubblico viaggiatori sono aperte al mercato e l’offerta viene prestata in misura crescente da aziende private orientate al profitto.
  • Le parti degli enti pubblici nelle proprietà delle aziende di trasporto viaggiatori e merci vengono sensibilmente ridotte.
  • Il trasporto ferroviario merci transalpino e interno si autofinanzia.
  • Esame della ripresa progressiva dei pacchetti ferroviari europei.

Una strategia di sviluppo deve avere vedute più ampie La portata del documento viene relativizzata dallo stesso UFT, che osserva come i temi elencati non siano da intendere come una preparazione di decisioni politiche in merito, ma come campi di attività per l’UFT nei prossimi anni e che l’UFT adeguerà la sua strategia qualora le decisioni politiche dovessero andare in un altro senso.
Bisogna tuttavia chiedersi come l’UFT abbia potuto sviluppare un simile documento senza discuterne i vari aspetti con gli enti interessati. Come minimo, si è persa un’occasione!

Ne va del servizio pubblico

L’UFT prospetta dunque che l’offerta di trasporto pubblico venga prestata in misura crescente da aziende private. Secondo l’UFT, l’ente pubblico non dovrebbe essere nel contempo committente delle prestazioni e proprietario delle aziende che le forniscono. L’attuale separazione dei poteri e il controllo democratico svolto non varrebbero la concorrenza tra aziende orientate al profitto. Con tanti saluti al servizio pubblico, come sottolinea Daniela Lehmann, coordinatrice per la politica dei trasporti del SEV, nell'intervista.

Dal 2010, Daniela Lehmann è la coordinatrice per la politica dei trasporti del SEV.

contatto.sev: il SEV ha criticato duramente le strategie pubblicate recentemente dall’UFT. Come mai?
Daniela Lehmann: nel documento dell’UFT manca ogni accenno al fatto che il trasporto pubblico è un servizio alla collettività. Il concetto di «offerta di base» viene liquidato con due sole frasi. Abbiamo una divergenza di vedute fondamentale. Per noi il trasporto pubblico è un servizio e, in quanto tale, può avere un certo prezzo. Questo deve essere il punto di partenza, invece della ricerca di aziende che puntano a conseguire utili e che, proprio per questa vocazione, sono incompatibili con la concezione di servizio pubblico e rischiano di compromettere il nostro sistema che ha dato ottima prova di sé.

Perché sei così convinta che sia incompatibile?
Il nostro sistema è basato sulla stretta cooperazione dei vari attori. Se questi cominceranno a pensare in primo luogo ai propri utili e a farsi concorrenza, è inevitabile che a soffrirne saranno le prestazioni del sistema nel suo insieme.

Vi sono altri settori che potrebbero soffrire di questo mancato riconoscimento della funzione di servizio pubblico?
Il trasporto merci. L’UFT scrive che il traffico merci attraverso le Alpi e quello interno devono essere economicamente autosufficienti. Se ne deduce che non vi saranno più sostegni economici. L’UFT esprime però nel contempo l’auspicio che il traffico merci e quello viaggiatori su ferrovia possano raggiungere quote di traffico adeguate ai vantaggi ecologici che comportano. Viene da chiedersi come ciò possa avvenire se il traffico merci deve essere autosufficiente. L’UFT riprende anche gli obiettivi dell’iniziativa delle Alpi, indicando che il Modal Split del traffico transalpino si debba modificare a favore delle ferrovie, ma omette affermazioni analoghe per il trasporto interno. Considerando il problema da un punto di vista ecologico, si giunge però inevitabilmente alla conclusione che il trasporto merci abbia bisogno di un sostengo economico.

L’indicazione dell’UFT che il Modal Split debba modificarsi in favore delle ferrovie è comunque positiva.
Certo, ma senza provvedimenti è destinata a rimanere una pia dichiarazione di intenti.

"Molto zelo nei confronti dell’UE"

Vedi ulteriori aspetti critici?
L’UFT dimostra ancora una volta molto zelo nei confronti dell’UE, dando per scontato che ci adegueremo a decisioni non ancora prese, invece di assumere posizioni chiare in favore di un sistema di trasporti pubblici come quello svizzero che funziona bene. I motivi di questa ostinazione a volerlo modificare a tutti i costi sono tutt’altro che chiari.

L’UE punta a liberalizzare il traffico a lunga percorrenza, mentre le strategie dell’UFT non dicono nulla a questo proposito.
No. Ricordo però che la Consigliera federale Doris Leuthard al nostro ultimo congresso ha affermato che la Svizzera non vuole compiere questo passo *(vedi nota in basso). Questa intenzione avrebbe dovuto trovar spazio nelle strategie dell’UFT, per poter essere difesa a dovere. Il fatto che non facciamo parte dell’UE non ci deve indurre ad abbassare la guardia. Del resto, siamo spesso invitati a presentare i trasporti pubblici svizzeri in nazioni dell’UE.

L’addetta stampa dell’UFT ha parlato di privatizzazione del traffico regionale, mentre nel documento si fa riferimento a «parti del traffico viaggiatori», come se si volesse lasciar aperta la porta a misure di più ampia portata.
È vero. Ma anche il traffico regionale deve essere preservato nella misura massima possibile dalle privatizzazioni. Vi sarebbe anche un’altra precisazione necessaria, laddove si dice che utenti e beneficiari dei trasporti pubblici devono contribuire in maggior misura al loro finanziamento. Tutta l’economia beneficia in misura notevole di trasporti pubblici efficienti e vi dovrebbe contribuire di conseguenza. Solo che questo genere di contributi è stato esplicitamente negato nell’ambito del progetto FAIF...

Intervista: Markus Fischer / gi

* La direttrice ne era al corrente?

La ministra dei trasporti Doris Leuthard davanti al congresso SEV del 24 maggio 2013 ha dichiarato:
"Non vogliamo concorrenti privati che si concentrano sulle linee redditizie praticando prezzi da dumping. Non è un servizio pubblico e non corrisponde alle aspettative del Consiglio federale. Sono curiosa di seguire l’evoluzione in nazioni come l’Austria o l’Italia e vedere se le ferrovie circolanti sulle linee principali metteranno il medesimo impegno e offriranno la stessa qualità anche sulle linee di periferia. Credo di poter affermare che il modello svizzero dia risultati migliori, proprio perché copre tutto il territorio. Ha evidentemente un certo costo, ma corrisponde alla nostra idea di trasporto pubblico."
Un’idea che però manca nel documento sulle strategie dell’UFT..

Didascalia:
Nel 2008, il SEV si era mobilitato contro la vendita della quota di azioni della AAR bus+bahn da parte della città di Aarau.

L’UFT vuole privatizzare in maggior misura il trasporto viaggiatori - SEV contrario

Nel suo documento, l’Ufficio federale dei trasporti scrive di auspicare che parti del trasporto pubblico viaggiatori vengano svolte in misura crescente da imprese private, orientate al profitto.

La portavoce dell’UFT Olivia Ebinger ha spiegato all’ATS che l’idea che si intende promuovere è che i cantoni cedano a privati le loro partecipazioni alle piccole imprese di bus o ferroviarie, per favorire la concorrenza nel settore e suddividere in modo più chiaro i ruoli: gli enti pubblici quali committenti delle prestazioni e responsabili per le infrastrutture, mentre i privati quali fornitori delle prestazioni di trasporto. Secondo l’UFT, in questo modo si dovrebbero ridurre i costi e ottenere nuove prestazioni per la clientela.

Il ritiro degli enti pubblici dovrebbe limitarsi all’azionariato ed essere quindi privo di conseguenze sull’esercizio e sulle indennità da versare per i collegamenti deficitari. L’UFT allude qui a società minori, come la MOB (Montreux-Berner Oberland), la Aare Seeland mobil (ASM) o la AAR bus+bahn, escludendo per contro le FFS che svolgono prestazioni a lunga percorrenza, per le quali, ha precisato l’UFT, non vi è concorrenza..

Il SEV teme maggiori costi, tagli di personale e prestazioni

«Non si capisce perché cantoni e comuni dovrebbero privatizzare le loro aziende di trasporto» ha replicato il portavoce del SEV Peter Moor, ricordando come il SEV si era battuto con successo contro l’intenzione di alcuni comuni di vendere le loro partecipazioni della AAR bus+bahn al gruppo Eurobus e alla ditta Knecht, in quanto trovava (e trova tutt’ora) assurdo che privati possano conseguire utili grazie alle indennità versate dall’ente pubblico per il trasporto regionale. Quest’ultimo è un servizio che non può essere gestito coprendo i propri costi, per cui sarebbe per lo meno fuori luogo che le aziende versino dividendi ai propri azionisti con i soldi della comunità. Moor teme che le spese degli enti pubblici lieviteranno per andare a foraggiare gli utili delle aziende. In caso contrario, le aziende tenteranno di ritagliarsi i propri utili risparmiando sulle spese di personale, sull’offerta e sulle prestazioni di servizio.

Questo parere è condiviso anche dalla coordinatrice per la politica dei trasporti del SEV Daniela Lehmann «se, oltre che per gli investimenti, bisogna conseguire utili anche per versare i dividendi, è inevitabile che si tenterà in tutti i modi di risparmiare. Anche il personale ne sarà coinvolto, dato che le relative spese costituiscono circa la metà degli oneri delle aziende di trasporto pubblico.

Privatizzare gli utili e socializzare le perdite?

«L’idea che l’ente pubblico debba assumersi le spese non coperte del trasporto pubblico e che nello stesso sistema vi siano aziende privatizzate che possano conseguire utili è per lo meno singolare e riprende il vecchio adagio, secondo il quale gli utili vengono privatizzati e le perdite lasciate generosamente allo stato. È una delle conseguenze della liberalizzazione. Non si capisce perché non potrebbe essere lo stato a conseguire utili, laddove è possibile farlo, per reimpiegarli a coprire le maggiori spese delle linee non redditizie», continua Daniela Lehmann.

La privatizzazione minaccia il sistema di trasporto pubblico svizzero

Daniela Lehmann indica un altro pericolo: «Se le aziende si concentrano sui propri utili, invece che su di una collaborazione il più stretta possibile, a farne le spese sarà il nostro sistema di orario cadenzato, che tutto il mondo ci invidia e che dipende proprio da un’interazione stretta di tutte le parti. E una volta che il sistema sarà rotto, sarà ancora una volta lo stato a dover intervenire».

Fi/gi