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Johan Pain, presidente della sezione VPT tl (Trasporti pubblici della regione di Losanna)

«Troppe aziende preferiscono tacere sui casi di aggressione»

Johan Pain, 60 anni, è stato uno dei fondatori e dei principali esponenti del Gatu (Gruppo autonomo dei trasporti urbani), oggi confluito e integrato nel settore bus-Gatu della sottofederazione VPT. Dieci anni fa, il Gatu ha promosso la «Charta» per un impegno in favore del miglioramento della sicurezza nei trasporti urbani, che si proponeva, tra le altre cose, di introdurre nella legislazione elvetica un articolo che sancisse la condanna degli autori di aggressioni ai danni del personale dei trasporti pubblici. Settimana scorsa, è stata lanciata anche una campagna per propagandare i contenuti di questo articolo.

Johan Pain

contatto.sev: Cosa hai provato nel vedere i direttori dell’UFT, dell’UTP e il presidente del SEV Giorgio Tuti lanciare una campagna d’informazione congiunta sul perseguimento d’ufficio degli atti di aggressione ai danni del personale dei trasporti pubblici?

Johan Pain: Una bella soddisfazione, perché si tratta della concretizzazione della proposta della nostra sezione VPT tl all’ultimo congresso, in cui chiedevamo proprio che il SEV coinvolgesse UFT e UTP negli sforzi per rendere noto il senso dell’articolo 59 della legge sul trasporto viaggiatori presso tutti gli utenti dei trasporti pubblici. Sono quindi grato alla direzione del SEV per l’impegno nella realizzazione della decisione del congresso. La lotta non è però ancora terminata. Ora tocca alle sezioni, che devono fare pressione sui datori di lavoro recalcitranti, per far posare gli adesivi su tutti i veicoli.

Pensi che vi saranno resistenze?

Bio

Johan Pain è nato il 17 dicembre 1949 a Bordeaux «Il 1949 è stato un anno eccezionale per i bordeaux» ricorda volentieri. È arrivato in Svizzera nel 1973, con sua moglie Nicole. La coppia ha avuto una figlia, Pamela, e un figlio, John, anch’egli, come il padre, autista di bus alle tl e membro del comitato sezionale. Prima di stabilirsi a Losanna, Johan Pain ha lavorato nell’orologeria, nel canton Neuchâtel. In seguito è stato assunto nelle aziende industriali di Losanna. Militante impegnato, è presidente della sezione SEV VPT ed è membro del consiglio comunale, in cui rappresenta il partito «A Gauche Toute».

AC/gi

Constatiamo come, in genere, le aziende siano maggiormente disposte a richiamare l’utenza sulle conseguenze del viaggiare senza biglietto rispetto a quelle riguardanti le aggressioni ai danni del personale. In questo settore, le aziende applicano la legge del silenzio. Vi sono però anche altre aziende, come Autopostale o i trasporti pubblici di Lugano, alle quali va riconosciuto il merito di avere esposto degli autocollanti in questione molto prima delle raccomandazioni dell’UFT.

Com’è sorta l’idea di riprendere nella legislazione federale il concetto del perseguimento d’ufficio degli utenti che aggrediscono il personale dei trasporti pubblici?

Si è trattato di un lungo percorso, di una battaglia protrattasi per oltre 10 anni. Nel 1999, il Gatu ha promosso un forum sul tema delle aggressioni, svoltosi a Losanna, al quale avevamo invitato rappresentanti della polizia, della giustizia, nonché alcuni sindacalisti del settore dei trasporti pubblici della città di Montpellier, nella Francia del Sud, i quali erano confrontati con problemi di inciviltà e di violenza di portata molto superiore rispetto a quelle alle nostre latitudini. L’idea di elaborare un documento che vincolasse un impegno a migliorare la sicurezza nei trasporti pubblici, è nata quindi in quell’occasione.

E’ stata la Charta a riprendere il concetto del perseguimento d’ufficio?

Esatto. La «Charta» è poi stata redatta dal Gatu, incorporandovi proprio il principio del perseguimento d’ufficio. Questo documento esiste quindi da oltre dieci anni, controfirmato in questo periodo dal SEV e da una sessantina di aziende.

Ma come avete potuto procedere, nel concreto, per convincere il Parlamento a riprendere questo principio nel testo di legge?

Ci siamo rivolti alla direzione del SEV, la quale ci ha messi in contatto con l’attuale consigliere di Stato friburghese Erwin Jutzet. All’epoca, lui era membro del Consiglio nazionale ed era uno dei legali di fiducia del SEV, nell’ambito della sua assistenza giuridica. Egli ha poi presentato una mozione al parlamento, che chiedeva che gli autori di aggressioni verbali o di vie di fatto nei confronti del personale dei trasporti pubblici fossero perseguiti d’ufficio. Per poi trasformare questa mozione in legge, sono stati necessari diversi anni di intenso lavoro di lobby da parte di tutto il SEV. La modifica legislativa è entrata in vigore quattro anni fa.

Cos’è cambiato in seno alle aziende?

La nuova legge dice che il o la dipendente vittima di aggressioni non hanno più bisogno di sporgere personalmente denuncia. Basta che l’aggressione sia segnalata al magistrato competente e la macchina giudiziaria deve mettersi in moto. La segnalazione può avvenire anche da parte del sindacato, dell’azienda o di un altro utente.

Non abbiamo quindi più bisogno, e questo è il cambiamento più importante, di esporci personalmente per sporgere denuncia dopo essere stati aggrediti. Per noi si tratta di un elemento di protezione fondamentale, che ci mette, da questo punto di vista, sullo stesso livello degli agenti di polizia.

Siete già a conoscenza di casi di aggressione perseguiti d’ufficio dopo il cambiamento, entrato in vigore nel 1997?

Certo, anche perché, purtroppo, le aggressioni si fanno sempre più frequenti. Alla tl (trasporti pubblici della regione di Losanna), per esempio, abbiamo avuto una collega vittima di un’aggressione verbale da parte di un automobilista. È stata la nostra sezione a segnalarlo al giudice della istruzione del distretto della Côte (canton Vaud). L’automobilista è poi stato condannato ad una multa di 5 giorni e al pagamento di tutte le spese di procedura.

E le aziende come si comportano? Fanno uso di questa facoltà? .

Alcune sì, anche se molte di esse preferiscono «passare all’acqua bassa» e ignorare i casi di aggressione. Si tratta però di un comportamento in contrasto con i dettami dell’articolo 59 della legge sul trasporto passeggeri.

Tu sei autista di bus da ormai 24 anni. Quali sono i cambiamenti principali che hai constatato nella tua professione?

I nostri veicoli, per molti versi, sono un riflesso della società. Sono convinto di non sorprendere nessuno affermando che i casi di inciviltà sono nettamente aumentati in questo quarto di secolo. I disagi della strada hanno ormai preso l’autobus e l’aumento dei casi di aggressione, verbale o fisica, nei confronti degli autisti ne sono solo una triste conferma. Possiamo però comunque fare alcune distinzioni, in quanto abbiamo autisti più «cool» che sanno disinnescare potenziali conflitti molto meglio di altri.

Come viene curato questo aspetto di prevenzione dei conflitti in seno alle aziende?

La nostra «Charta» per il miglioramento della sicurezza nei trasporti pubblici sottolineava energicamente l’importanza di un’attività di prevenzione. Numerose aziende l’hanno presa molto sul serio, operando per esempio nelle scuole. Visono anche corsi di formazione che le aziende offrono ai loro autisti sulla prevenzione e la gestione di conflitti. Secondo me, in quest’ambito rimane però molto da fare e quest’attività completerebbe molto bene il testo dell’articolo 59.

Alberto Cherubini/g